Il post di novembre 2012 – I segni della fine

Tempo di Natale, e tutti diventano più buoni… tranne i forumisti di Craven Road 7 che continuano a scannarsi in nome dei loro autori preferiti, e non lesinano mai di vetriolo sia nei confronti degli autori che nei confronti di chi li attacca… ma è il bello del forum, giusto? In ogni caso, fra tanti commenti, uno è stato selezionato per rappresentarli tutti quanti, chi sarà il fortunato? Sarà davvero il più meritevole? E perchè continuo a inserire domande retoriche di cui conosco già la risposta? Scopriamolo insieme su Voyager!

Il post prescelto proviene ancora una volta dal mensile, I segni della fine, di Giovanni Gualdoni e Giampiero Casertano, il curatore della testata, nonché autore di punta di questi anni, e uno dei disegnatori più longevi su Dylan, coautori di alcune delle storie più amate della serie.

A vincere il premio è uno degli utenti storici del sito, addirittura è iscritto da un mese prima di me, che ormai sono una cariatide del forum, anche se forse chi frequenta questi lidi da più tempi lo ricorda con un nick più lungo e deandreiano.

Lui è…

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Jones

Di seguito il suo post, piuttosto critico con l’albo in questione:

La prevedibilità della storia è palese ma è anche voluta. Lasciando da parte la copertina dove già si intravedono i primi graffiti, già nelle prime 30 pagine si fa capire chiaramente al lettore che la soluzione del mistero era nei MURALES (con un po’ di accortezza si capiva anche in quali murales).
Niente ci viene nascosto e non ci sono neanche elementi per pensare che la causa sia un’altra. Questo IMO non è un male, anzi: alle volte è molto più coraggioso chi in una storia svela subito alcune carte fondamentali rispetto a chi , vedi Ruju, si allungava in novanta pagine di giallo / thriller spesso inutili per arrivare ad un “colpo di scena” finale.

Difatti le prime 30 pagine di questo albo sono anche buone, il problema è che poi Gualdoni non riesce a modificare la rotta della storia e troviamo Dylan che per pagine e pagine cerca di capire una cosa che il lettore già sa. Cosa peggiore penso non esista :)
Come diceva giustamente qualcuno parlando di un’altra storia di GG, l’autore come soggetti sembra volersi rifare nelle sue storie alla famosa serie televisiva “Ai confini della realtà”, dimenticandosi però che quella serie non aveva mai natura corale ma metteva in contrapposizione il SINGOLO individuo ad un MISTERO che ne stravolgeva la singola esistenza. Esempio di un Dyd con queste caratteristiche? Lo splendido “la vita rubata” di Accatino, dove un Dylan solo e senza nessun aiuto esterno doveva combattere contro un avversario che pur mostrandosi già dall’inizio (e qui mi ricollego a quanto scritto sopra) rimane nell’ignoto per tutto l’albo (per fortuna non veniamo a sapere che il barbone è, per esempio, uscito da un libro di formule antiche :mrgreen:).
Ricapitolando: se io sceneggiatore do in mano al lettore la soluzione già nelle prime 30 pagine ma poi non creo il pathos che permetta al lettore di sentirsi in qualche modo vicino al protagonista (mi viene in mente Necropolis, dove in verità veniva data una motivazione finale sul perchè Dylan si trovava in quella prigione ma poteva benissimo anche non esserci nessuna spiegazione e l’albo era godibilissimo alla stessa maniera) , mi ritrovo con gli ultimi due terzi dell’albo che pur se scritti bene non danno NULLA al lettore. Personalmente non vedevo l’ora di chiudere l’albo ad un certo punto.
Mi spiace per Gualdoni ma per me questa è una delle basi su cui si poggia la sceneggiatura di un Dylan Dog: voto 4,5

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