Votato buono, ma forse sono stato un po' tirchietto (anzi quasi sicuramente)
SPOILER
Il pianeta dei morti
Sceneggiatura 7,5
Soggetto 8
Disegni 7+
Colori 8
Questa era una storia che correva lungo il filo sottile che porta a scrivere di Dylan Dog senza parlare di Dylan Dog, per non considerare poi l'ambientazione catastrofico-futurista decisamente scontata. E invece no: Bilotta dà voce ad un protagonista annichilito e sull'onda della piena involuzione, dove l'empatia topica per il diverso e l'ermaginato diventa quasi una forma di intrasingenza, fino a portare alla fine del mondo umano. Anche la fitta rete di citazioni dylaniate non è pretestuosa, bensì perfettamente funzionale alla creazione di un background realistico. La storia avrebbe meritato qualche pagina in più, e difatti si trovano delle compressioni nella sceneggiatura piuttosto evidenti (il litigio di pagina 21 ad esempio); bruttino anche il Dylan 'guascone' di pagina 25, ma tutto sommato, visto l'alto livello della storia si può chiudere un occhio e mezzo. Belli i disegni, superba la colorazione.
Videokiller
Sceneggiatura 8+
Soggetto 7+
Disegni 7,5
Colori 8
Ottima prova della Barbato, sul piano autoriale speculare alla prima storia del fest (dove il soggetto superava la sceneggiatura)... sceneggiatura che qui è un meccanismo ad orologeria (è proprio il caso di dirlo!), senza sbavature, con dialoghi secchi e privi di sfumature poetiche o da linguaggio alto, in cui la Barbato ogni tanto cade e che non sono sempre perfettamente coerenti con la storia; c'è la volontà di buggerare il lettore e l'autrice ci riesce due volte, ma questo meraviglia poco chi ha letto anche i suoi romanzi. Unico difettuccio è l'assenza di coinvolgimento emotivo del lettore rispetto alla prima storia, una carta che invece l'autrice in genere gestisce abbastanza bene ma di cui, in una storia di 32 pagine, non sente necessariamente la mancanza. Proprio nell'esaurire il racconto in una sorta di divertissement surreale, la Barbato scrive una storia pienamente Sclaviana (mi riferisco allo Sclavi da storie brevi), ma questo, per un'autrice così diversa dal papà di Dylan, non deve essere visto come un limite, bensì come un riconoscimento a giocare ad armi pari con chi ha creato il personaggio.
Stano fa un buon lavoro con i disegni, e ancor meglio fa con i colori, divertendosi a dipingere con un finto effetto acquarello; il passo in avanti rispetto al numero 100 è evidente, tuttavia, mentre lo Stano in b/n riesce a creare delle ottime atmosfere anche in storie non eccelse (v. la furia dell'upyr, poco più che discreta), nell'uso del colore non raggiunge gli stessi risultati. In più, fissazione mia, non gli perdono le digitalizzazioni dei Big Ben a pag. 41: è probabile che servissero a fornire un aspetto iperrealistico alle chincaglierie esposte, una verosimiglianza che va oltre la realtà se paragonata agli altri oggetti disegnati, ma non sembra che l'effetto abbia una sua finalità nella storia.
Il mago degli affari
Sceneggiatura 7
Soggetto 5=
Disegni 7
Colori 8-
E' una storia di puro intrattenimento. Si legge facilmente perché Ruju sa fare il suo mestiere di sceneggiatore, ma qui ha dimenticato che le 32 pag. servono a sperimentare un po' sulle trame invece di svuotare dei fondi di magazzino. Tutti i misteri sul personaggio e sull'origine delle sue abilità vengono già spiattellati a pag. 79, rendendo abbastanza inutili le seguenti, mentre un po' di riscatto lo si ottiene grazie all'ironia che invita a non prendere troppo sul serio la storia (pag. 93, ultima vignetta; pag 95, seconda), all'identità del cliente di Dylan (personalmente non c'ero arrivato), e di nuovo all'ironia dell'ultima vignetta dell'ultima tavola.
Per quanto riguarda Mari, posso solo dire che è bravo ma non mi fa impazzire... o meglio, a voler essere onesti, sul tratto di Mari mi definisco un reazionario: dopo aver letto Phoenix ho pensato di trovarmi davanti ad uno dei migliori illustratori della serie; ma da quando ha deciso di semplificare il suo stile non sono mai riuscito a perdonarlo (o a perdonare chi lo ha costretto/convinto) e quindi tendo ad essere severo verso un ottimo disegnatore che invece aveva già dimostrato di essere eccellente. Tenderini qui fa un lavoro molto buono, è evidente che si è divertito a giocare sui riflessi dell'auto sportiva di Warwick, e tutto sommato affronta una prova non facile sulle tavole di Mari: il risultato potrebbe essere considerato ottimo se non si fingesse sulla perdita complessiva di naturalezza sia del disegnatore che del colorista.
Inferno in terra
Sceneggiatura 8=
Soggetto 6,5
Disegni 8
Colori 8
Il primo concetto personificato che a me è venuto in mente, precedente alla Pace di questa storia, è stata la Hope di Totentanz (gigante n.1). Entrambe demiurgiche ed entrambe al fianco di Dylan durante tutta la storia, queste due figure hanno però un ruolo molto diverso: in Totentanz Hope aiuta Dylan a trovare il fil rouge tra tutti i suoi incubi - che poi sono gli incubi dei morti - ed alla fine anche la Speranza stessa è morte; ne L'inferno in terra invece la Pace (rectius, la madre della pace) è l'Altro visto non più come un diverso da emarginare semplicemente a causa della sua stessa diversità, ma piuttosto come incarnazione materiale di una crepa sociale, latrice dello scompiglio, e della distruzione, di valori solo in apparenza condivisi e osservati per mera consuetudine. Non è un caso che nelle prime tavole appaia con la testa coperta proprio perché si pensasse subito a una donna di religione islamica; non è un caso che la donna diventi bersaglio della violenza generata dalla paura e dalla stupidità. La storia procede benissimo per buona parte: si sente il senso di inadeguatezza di Dylan che cerca di trovare un ospedale fino all'ultimo e fa leva su un ottimismo esemplare pur di rassicurare la donna; molto bella anche la trasposizione in una città simbolo dell'occidente del contatto assurdo e costante con la morte violenta così tipico delle città mediorientali, dal mortaio sul mercato di pag. 113 al campo minato di pag. 114, che non a caso si trova in un parco giochi per bambini. Epperò Gualdoni osa troppo a pagg. 126 e 127, dove il tono diventa improvvisamente didascalico, e in cui l'autore si prende troppo la briga di spiegare i significati sottesi delle tavole precedenti; anche il Groucho finale, che ricorda da lontano quello de "il ritorno di killex", acquisisce un tono troppo da 'manifesto' e chiarisce un punto di vista già perfettamente palesato in precedenza. Qualcuno una volta scriveva che le storie vengono usate quando non si hanno parole per descrivere qualcosa: bene, Gualdoni ha imparato la lezione, ma la dimentica nelle ultime pagine.
De Angelis mi sembra faccia un lavoro di alto livello, anche se in realtà non sono in grado di giudicare le capacità di un disegnatore da una storia colorata. Aspetto altre sue prove. Per quanto riguarda i colori, pur essendo le atmosfere di Rudoni diverse da quelle di Tenderini, soprattutto per una scelta diversa delle luci, mi sembra che abbiano una tecnica abbastanza simile - almeno nei risultati - ed è anche lui promosso a pieni voti.
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