wolkoff ha scritto:
Una cosa che non condivido è la sopravvalutazione del (proprio) presente.
Ogni epoca è destinata a scorrere ed esser rivista con diversa ottica da quelle successive. Non so quanto sarà stimolante per uno del 2060s calarsi nel contesto dei 2020s, ma di sicuro posso dire che Dylan (inteso come personaggio, non come testata) non è uno che vive organicamente il proprio tempo. Essendo per lo più un dandy ennui disimpegnato vive in un mondo tutto suo, di a-socialità relativa, dove di certo non è suo interesse approfondire dibattiti geo-politici attualizzati, fenomeni di costume last minute, etc. Li intercetta suo malgrado, anche per caso, spesso attraverso il cliente/indagine del mese, ma in linea generale se ne frega e non tasta nessun polso della situazione a livello storico né la vive organicamente sulla propria pelle con effetti distinguibili.
Riprendo per un secondo l'Ot sugli anni '80 e sul contesto originario in cui dylan é nato e si é sviluppato, perché in effetti é interessante e meriterebbe un topic a parte (che però durerebbe mezza pagina e poi verrebbe dimenticato, quindi ecco...).
A chi vuole parlare del numero in questione, che per quanto non indimenticabile é comunque molto carino e divertente (compratelo pure tranquillamente) mi ignori pure.
È vero, come detto da me e da molti altri in precedenza, che dylan per sua natura non é fortemente legato né limitato al periodo storico in cui é ambientato, che é una contemporaneità imprecisata che va dagli anni '80 ad oggi senza grossi problemi.
Quello che cambia fortemente, secondo me, é la sensibilità ad alcune tematiche artistiche e sociali.
Sclavi stesso, con un cambio di sensibilità sia suo personale che sociale e culturale, prima di abbandonare il personaggio aveva già eliminato alcune sue caratteristiche fondanti (lo splatter su tutte) per abbracciare un orrore più surreale e grottesco, che visivo e truculento.
Se penso ad alcuni "topoi" del dylan che fu, trovo che nella società di oggi siano incomprensibili da parte di un giovane lettore, o perlomeno che possano venire recepiti con molta meno identificabilità.
Chiaramente il discorso si basa sulla MIA visione e sulla MIA interpretazione della società contemporanea, quella post-social, che é del tutto personale e confesso piena di bias anti-social network. Non mi esprimo sulla società ddgli anni '80 perché, banalmente, non l' ho vissuta.
Ad esempio il tema de "gli ultimi" : in ogni epoca sono stati visti come qualcosa da cui fuggire e tenersi ben lontano, eppure ho sempre visto nei confronti degli strati più bassi della società, una sorta di pietà, o pietismo a seconda dei casi, che ai giorni d'oggi forse non c'é più, ed é stato sostituito da un atteggiamento di disumanizzazione e condanna. L'idea comune interiorizzata e diffusa ora é che la società ti dà tutte le opportunità per non essere tra gli ultimi, se ci stai é per colpa tua, perché lo meriti, per incapacità, per debolezza. Il culto del duro, dell'alfa, dell'imprenditore che sbaraglia la concorrenza e calpesta gli ultimi é ormai abbracciato e legittimato (a livello inconscio) da tutta la società, ha vinto ed ha sostituito il culto borghese del middleclass man che convive con gli ultimi e li reputa umani come lui e vicini a lui. La scomparsa della religione, anche solo come ipocrita cuscinetto morale comandato, ha fatto il resto.
La vita, causa scomparsa della classe media e aumento delle disuguaglianze tra molto ricchi e molto poveri, è tornata ad essere come un tempo una "lotta" per accaparrarsi le risorse che fino a poco tempo fa erano più o meno accessibili a tutti. In questo, l'ultimo é qualcuno da schiacciare e disumanizzare, non da compatire.
Stessa cosa vale per il famoso "i mostri siamo noi", per il malato, per colui che, vessato dagli orrori della vita, finisce per diventare un mostro e un vessatore a sua volta. Se la società ti illude di darti tutti i confort di cui hai bisogno, allora se sei nevrotico, se non ce la fai, se sei portato allo stremo fino a compiere l'impensabile e l'irrimendiabile, beh, é colpa tua, la società non ti deve niente, non sei un essere umano come noi, sei un mostro e basta. Il mostro sei tu, e non voglio sentire scuse.
Chiunque ha in mente gli infiniti flashback sul passato del mostro di turno sclaviano o chiaverottiano, un passato fatto di soprusi, torture fisiche e mentali, angherie
La pietà per chi, da vittima, diventa carnefice, non é davvero concepita. Il mostro va cancellato.
-tranne ovviamente nel caso il carnefice sia una "categoria sotto tutela" (donna, nero, gay, eccetera...). Categorie del tutto arbitrarie e dettate dalla recente moda della rincorsa al vittimismo che é il pensiero woke. Ma non voglio entrare nell'argomento ora.-
Dylan é un individualista che rifugge la società, ne vive lontano, ai margini, ritagliandosi le sue isole felici (il galeone, il clarinetto, groucho, bloch, le donne del mese,...) e le sue isole infelici (i vestiti che indossa, i suoi amori impossibili e tragici, il suo lavoro, gli incubi, la famiglia che non ha avuto e che non avrà mai,... ) che costituiscono il suo universo al di fuori del quale non ha interesse a mettere piede.
L'individualismo é fortissimo anche al giorno d'oggi, forse più forte che mai, ma non é un individualismo che si ritaglia degli spazi all'interno dei queli vivere, ma che spinge invece a combattere per accaparrarsi spazi sociali comuni, schiacciando gli altri per risultarne protagonista (i famosi 10 minuti di notorietà concessi a tutti da internet). L'individualismo interiorizzato delle nuove generazioni é un individualismo che spinge a sgomitare ed emergere tra la massa, e non a trovarsi ognuno il suo spazio fatto su misura (non c'é posto per tutti, ma mors tua vita mea).
Insomma, questi sono solo alcune tematiche ricorrenti, tipiche delle storie di Sclavi, Chiaverotti & co, che oggi trovo di difficile presa, perché lontanissime dalla realtà contemporanea.
Con questo non sto dicendo che quando sono uscite negli anni '80, fossero condivise da tutti, anzi, fecero scalpore proprio perché di rottura e di critica alla società del tempo, ma credo anche che oggi farebbero MOLTA più fatica non solo ad essere apprezzate, ma proprio ad essere recepite come importanti e rilevanti nel discorso pubblico, in quanto alcune idee sono ormai talmente memizzate e interiorizzate nella nostra socialità quotidiana, che per farle vacillare servirebbe davvero una dinamite.
Insomma, sono tematiche forti, di critica, che già al tempo immagino circolassero con difficoltà in una società solto più "sociale" e meno individualista di quella odierna, e che oggi davvero non so con cosa pottebbero fare eco.
Sono idee che, molto semplicemente, hanno perso...
Forse proprio per questo motivo ci sarebbe bisogno di autori bravi a parlare di ultimi, di invisibili, di dimenticato e di mostri, e forse nel farlo, e qui é il nocciolo del discorso, sarebbe più semplice fare una ambientazione anni '80 che non una odierna.
Forse... Ma non sto dicendo che sia imprescindibile.