Il post di aprile 2013 – Color fest 10

Si parla tanto di rivoluzioni dylaniate di questi tempi, ma ci son cose che non cambiano mai: la passione con cui i nostri forumisti discutono su ogni storia e il fatto che noi ogni volta a fine mese ci riuniamo per premiare i migliori, per cui eccoci qua ancora una volta.

Il post del mese non lo preleviamo dal topic del mese, ma invece, come da titolo, dal Color Fest 10, un numero speciale basato sull’esplorazione di Dylan alternativi, a cominciare da quello attesissimo del pianeta dei morti di cui vi abbiamo parlato da tempo diffusamente, ma che non si esaurisce qui… comprende i lavori dei seguenti autori: Bilotta, Martinello, Serra, Bignamini, Chiara Caccivio, i fratelli Cestaro, Gualdoni, Raimondo, e la colorazione dell’Overdrive studio, a eccezione della prima storia colorata dallo stesso Martinello.

dylcf10

 

Viene premiato un post molto entusiastico che promuove il lavoro dei tanti autori coinvolti per l’albo, alla sua seconda premiazione, ma la prima per un post su un albo, visto che in precedenza era stato premiato per considerazioni più generali sullo stato della testata.

Stiamo parlando di…

968

Bo.82

Di seguito il post vincente:

FINALMENTE!!!
E’ doppio questo mio “finalmente” di stamattina….il primo l’ho esclamato nel momento in cui ho visto la splendida copertina di Davide De Cubelis fare capolino nelle edicole della mia città.
Il secondo “finalmente”, ben più importante e sperato, è uscito dalla mia bocca, ma anche e soprattutto dal mio cuore, una volta arrivato a fine lettura, in quel momento fondamentale in cui si arriva alla chiusura dell’albo che tanto attendevamo di poter leggere e formuliamo il primissimo pensiero su ciò che abbiamo appena letto, pensiero con cui verrà indelebilmente bollato quell’albo nella nostra memoria. 
E il mio personalissimo “primo pensiero” su questo decimo Color Fest è stato:
“CAPOLAVORO”

Era ora!
Questo 2013 dylandoghiano ci stava dando in pasto troppi frutti decisamente amari, dopo una bella annata come quella passata nel 2012 (che ci ha regalato un capolavoro assoluto del quale ho già abbondantemente parlato QUI, e diverse altre ottime storie); serviva assolutamente una boccata di ossigeno che ridesse linfa vitale all’Indagatore dell’Incubo (unica grande gioia di quest’anno, per ora, era stata le bella iniziativa di Repubblica e L’Espresso con la Collezione Storica a Colori, che mi sta facendo rivivere i primi anni della creatura di Tiziano Sclavi in una nuova veste colorata).
Finalmente sono arrivati Alessandro Bilotta e (soprattutto) Chiara Caccivio, coadiuvati dai relativi disegnatori delle loro storie, Paolo Martinello e i fratelli Cestaro, a dare uno scossone al torpore che da mesi imperava.
Si, perchè tra questi 4 piccoli racconti sono proprio “Addio, Groucho” e “I giorni oscuri” a trascinare nell’olimpo l’intera pubblicazione, mentre le restanti due, “La banda maculata” e “Doppia identità” fanno da sparring partner, con due trame tutto sommato carine e simpatiche, ma che, con tutta onestà, non entusiasmano oltre modo.
Certo, se anche queste fossero state dei gioielli come le altre due, beh, forse avremmo preteso davvero troppo…..ma comunque già così basta e avanza, e dopotutto nessuna delle due scende sotto la sufficienza, quindi c’è di che gioire.
Ora vado ad analizzare le singole storie

Partendo proprio dalle due storie “medie”, forse quella che mi ha convinto di meno è, a sorpresa, “LA BANDA MACULATA” (titolo orrendo e per niente incisivo, va detto); a sorpresa perchè da un big delle sceneggiature come Antonio Serra uno si aspetta sempre qualcosa di super, e invece ci ritroviamo una vicenda tutto sommato troppo lenta e troppo poco “dylandoghiana”, per così dire, con stregonerie e uomini-animali che francamente fanno un pò storcere il naso a chi per anni si è deliziato con le storie di Sclavi….ci pensano le ultime due pagine a dare quella giusta impennata a quanto letto prima, con lo stra-abusato escamotage del “racconto nel racconto” (qui scopriamo che la vicenda del Dylan ottocentesco altro non era che una bozza di Sir Arthur Conan Doyle prima di partorire quello che sarà il suo capolavoro letterario Sherlock Holmes), ma che comunque fa sempre il suo sporco lavoro, e un sorrisetto te lo strappa sempre.
Disegni e colorazione nella norma, senza infamia e senza lode.
A conti fatti, una storiella da sufficienza, forse anche un 6+ lo può accaparrare.

Leggermente meglio va con “DOPPIA IDENTITA'”, dell’onnipresente Gualdoni, dove viene immaginato un Dylan nerd, senza lavoro, senza ragazza e parassita sulle spalle dei poveri genitori, che per compiacere la “migliore amica” appassionata di gialli (con la speranza, neanche tanto celata, che la giovane amica possa dargliela il prima possibile), si inventa investigatore sulle tracce di un serial killer di giovani ragazze, sulla scia di tale Dwight Dog, sedicente “Indagatore dell’Incubo” che opera a Londra….salvo poi scoprire, in un complicato rigiro di scambi di personalità, essere lui stesso il killer e che aveva messo su tutta la catena di delitti proprio per far colpo sulla ragazza. E ovviamente, a risolvere la situazione, irrompe Dwight/Dylan Dog e il fido Groucho.
Al di là della trama e del “colpo di scena” (ampiamente prevedibile, per la verità), con tanto di coda infernale all’ultima pagina, è stato più divertente di quanto ci si potesse aspettare vedere il Dylan nerd collezionista di fumetti ed action figure e la sua stanza, in cui campeggia la locandina di “Halloween”, il mio film preferito (e lo ammetto, un pò mi ci sono rivisto: pure io ho 30 anni passati, colleziono fumetti, ho una marea di action figure, sono appassionato di cinema….però lavoro ed ho la ragazza, e soprattutto non sono un serial-killer!)
Disegni buoni, tra l’altro molto simili a quelli di Bruno Brindisi (il che non guasta mai) e colorazione standard dell’Overdrive Studio che a me, sinceramente, piace parecchio.
Il mio voto oscilla tra il 6,5 e un quasi 7.

Ma veniamo al primo dei due piatti forti, e diciamocelo chiaramente, il “grande atteso” di questo albo e vero motivo di tanta trepidazione per la sua uscita: “ADDIO, GROUCHO”, prequel della già mitica “Il pianeta dei morti” pubblicata nel secondo Color Fest, su cui si sono concentrate tutte le attenzioni nelle svariate anteprime trapelate nei mesi scorsi…..e Bilotta tiene fede alle aspettative sfornando un nuovo capolavoro, in cui mescola sapientemente innumerevoli vecchi e storici personaggi della testata, in un futuro prossimo alternativo dominato dagli zombi, mettendo al centro del racconto il progressivo addio del folle assistente di Dylan che, come sapevamo già da “Il pianeta dei morti”, è destinato ineluttabilmente a diventare il primo zombi a diffondere il contagio nel mondo.
La prima cosa che salta agli occhi leggendo questa storia è: troppo poche 32 pagine! Il lento calare di Groucho nella trasformazione, parallelo a tutti i vani tentativi di Dylan di salvarne le sorti, passando attraverso le apparizioni di vari comprimari della serie che tutti conosciamo bene (dalla Trelkowsky bloccata semi-morta in una trance in stile “caso Valdemar” alla Poe, al burocrate infernale Due Facce, fino al diabolico Dottor Hicks del General Hospital, che scopriamo aver seguito le orme nientemeno che di Xabaras!) meritava indubbiamente uno sviluppo più articolato, fino a giungere al momento clou del faccia Dylan/Groucho-zombi con tutta l’enfasi del caso….concentrando gli eventi in un terzo di un albo standard, il tutto appare frettoloso e poco approfondito, ma nonostante questo limite Bilotta ci confeziona una perla che affascina e coinvolge con semplicità ed immediatezza, senza ostentare ruffianeria di ultra-citazionismo o ricerca ossessiva di pathos e lacrima facile.
Se poi a dipingere il tutto ci pensa un Paolo Martinello in stato di grazie, che anzichè tavole prepara dei veri e propri dipinti suddivisi in vignette (la splash-page che apre il Color Fest è già leggenda), allora il tutto si completa e si arricchisce al punto giusto, e le eventuali pecche passano tutte in secondo piano.
A conti fatti, darei un bel 8 e mezzo alla storia (che comunque rimane un pelino inferiore a “Il pianeta dei morti”), mentre sul versante disegni e colorazione è possibile dare un solo voto: 10 e lode!

Infine, ecco la vera, grandissima sorpresa di questo Color Fest: le mie aspettative, lo dico sinceramente, erano al 99% tutte per “Addio, Groucho”, ma, alla fine della fiera, devo ammettere che la palma d’oro di “Capolavoro” se la merita tutta quanta proprio “I GIORNI OSCURI”, fulminante storia firmata Chiara Caccivio, che con questa prova può realmente aspirare a diventare una nuova Paola Barbato sulle pagine di Dylan, anzi addirittura superandola in fatto di “biografia di Dylan Dog”….con queste magnifiche 32 pagine infatti, la Caccivio straccia 3 a 0 quanto fatto dalla Barbato nel famigerato ventennale!
L’idea di base è quella di ipotizzare come si sarebbe sviluppata la vita di Dylan se Xabaras, una volta portato Dylan nell’orfanotrofio del seicento (tutte vicende viste appunto nel ventennale), fosse tornato sui suoi passi, riprendendosi con se il figlio e impedendo al Demone che aveva diviso la sua persona (e per questo va rivisto anche il numero 100 “La storia di Dylan Dog”) di scaraventare il piccolo Dylan nella Londra degli anni sessanta (dove poi avrebbe continuato la sua vita fino a diventare l’Indagatore dell’Incubo che tutti noi conosciamo).
Quindi assistiamo ad un Dylan adulto di fine Seicento che racconta quella che è stata la sua vita al fianco del padre Xabaras, una vita vissuta in un paesino sperduto della Scozia chiamato Undead (vi ricorda nulla?) e in mezzo agli zombi creati dal folle scienziato intento a scoprire il segreto dell’immortalità….ovviamente sarà la conoscenza di una splendida ragazza del paese di nome Lisiana (di cui inevitabilmente si innamorerà) e la sua tragica fine (causata da uno degli zombi creati da paparino), a sconvolgere la vita del giovane Dylan devoto al padre e a portarlo, dopo una spirale di orrore, fino a quell’ultima vignetta che chiude la storia, in un suggerito scontro finale padre-figlio (e orda di zombi di contorno, che nel frattempo, manco a dirlo, hanno conquistato il mondo) che ti lascia col cuore in gola e il fiato sospeso, in uno dei finali più epici e maestosi mai visti da molti anni a questa parte!
Anche qui vale lo stesso discorso fatto per la storia di Bilotta; gli spunti che la trama offre avrebbero meritato indubbiamente molta più approfondimento e corposità di pagine: il rapporto padre-figlio tra Xabaras e l’adolescente Dylan, lo sviluppo della storia d’amore con la bella Lisiana, che avrebbe reso molto più coinvolgente sul piano emotivo la sua tragica fine, il conflitto che ne scaturisce col padre e la presa di coscienza della sua malvagità, il diffondersi del morbo degli zombi nel mondo, fino appunto allo scontro finale……ne sarebbe venuto fuori un albo intero (se non addirittura uno Speciale, con le sue 160 pagine) di quelli con i controcazzi!
Peccato davvero….nonostante tutto però, la bellezza e l’efficacia degli eventi rimangono intatte, seppur ridotte ai minimi termini. 
Quindi non resta che dire: complimenti davvero, miss Caccivio. 
E complimenti enormi anche ai Cestaro Bros, che in fatto di zombi non fanno rimpiangere, udite udite, nemmeno Sua Maestà Zombesca Angelo Stano….e credo che questo sia il complimento migliore che gli si possa fare, perfetto per far capire quanto belli siano i loro disegni.
Sulla colorazione, sempre il solito discorso: l’Overdrive Studio a me piace, ma se penso a questa storia con una colorazione simile a quella di “Addio, Groucho”…..beh, a quel punto sarebbe stata davvero l’apoteosi assoluta!
I miei voti qua sono lapidari: soggetto e sceneggiatua 9, disegni 9, colori 8,5
In altre parole: GRANDIOSA.

A conclusione di questa recensione, assegno una votazione generale dell’albo: in media gli darei 8 e mezzo, con due capolavori e due storie di medio livello; corona il tutto una grande copertina, da 8 e mezzo pure quella.
Insomma, questo è a mio parere il miglior Color Fest pubblicato fino ad ora, quindi è un acquisto obbligato per ogni dylandoghiano che si rispetti!!!

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