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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun lug 22, 2013 1:10 pm 
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Iscritto il: lun feb 28, 2011 3:20 pm
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Località: Milano
Ah....allora è corretto dire che siamo tutti mafiosi...
Ok. Non avevo afferrato. Allora hanno ragione i tedeschi a dire: Italia=Mafia.
Ok.

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" Il locale è triste e sta sempre qua ! "

" Dylan Dog è arrivato allo scontrino fiscale "

Oriana Fallaci ti amo.


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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun lug 22, 2013 1:34 pm 
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Iscritto il: ven feb 03, 2006 3:29 pm
Messaggi: 7581
Località: Grottaglie(TA)
Nessuno ha detto che lo Stato è Mafia. Parte delle istituzioni (buona parte) sono sicuramente colluse ma non credo qualcuno possa essere così ingenuo da generalizzare sull'argomento.Credo che Quirky abbia usato un gioco di parole nel titolo "è stata/o la mafia"
Giusto Quirk???
Ah mi fa piacere che tu abbia ripreso a NON rispondere :D
Ah...l'amour...

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I pigri intelligenti hanno sempre grandi ambizioni, per giustificare la propria pigrizia alla propria intelligenza.


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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun lug 22, 2013 1:34 pm 
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Iscritto il: lun mar 07, 2011 5:16 pm
Messaggi: 4463
dogares ha scritto:
Ah....allora è corretto dire che siamo tutti mafiosi...

Questo l'hai detto tu, vabbè ma forse hai solo voglia di flammare... meglio fermarsi qua.

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Vai, allora, ci sono altri mondi oltre a questo.

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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun lug 22, 2013 5:18 pm 
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Iscritto il: lun feb 28, 2011 3:20 pm
Messaggi: 6349
Località: Milano
No dai la buttavo in semantica. Era ovviamente un'ironia.

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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun lug 22, 2013 7:20 pm 
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Iscritto il: sab ott 02, 2004 7:32 pm
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Località: Napoli
'stato' nel senso di istituzioni, non nel senso di nazione (e quindi di popolazione, come nel caso della sicilia)

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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun lug 22, 2013 7:57 pm 
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Iscritto il: sab giu 19, 2010 5:51 pm
Messaggi: 2843
vabè..ma rispettare le sentenze adesso?

'il fatto non costituisce reato'
il fatto sussiste ma è giustificato(?)


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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun lug 22, 2013 9:51 pm 
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Iscritto il: dom lug 26, 2009 2:08 pm
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Località: Terremotopoli
Io vorrei ricordare Salvatore Borsellino :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

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fidatevi di me,ho un piano.beethoven.

http://www.flickr.com/photos/36689923@N06/


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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun lug 22, 2013 11:44 pm 
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Iscritto il: ven feb 03, 2006 3:29 pm
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Località: Grottaglie(TA)
Kramer76 ha scritto:
vabè..ma rispettare le sentenze adesso?

'il fatto non costituisce reato'
il fatto sussiste ma è giustificato(?)


Ci si può sempre appellare al fattore ETICO!
Giusto per continuare ad avere sempre ragione noi :D

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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: mar lug 23, 2013 7:40 pm 
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Iscritto il: sab ott 25, 2008 9:22 pm
Messaggi: 6825
Località: Napoli
the Imp ha scritto:
'stato' nel senso di istituzioni, non nel senso di nazione (e quindi di popolazione, come nel caso della sicilia)


Esatto.

Mo vogliamo dire che l'istituzione Stato non ha mai avuto a che fare con la mafia? Vogliamo ancora chiamarla "presunta trattativa"? Vogliamo parlare solo di calcio, pizza e mandolino? Per quello c'è "Quelli che...".
Proprio perché non ci etichettino tutti come mafiosi e per tentare di sradicare l'erbaccia dal paese, bisogna parlarne.

Inoltre il titolo riprendeva il titolo dell'ultimo lavoro a teatro di Travaglio: "E' Stato la mafia", appunto.

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Non me ne frega niente se anch'io sono sbagliato! Spiacere è il mio piacere! Io AMO essere odiato...


"BANG!"



:D

http://lupo-grigio-ferrara.blogspot.com/


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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun ago 26, 2013 3:05 am 
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Iscritto il: ven set 23, 2005 2:31 pm
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Beh… a questo punto volevo puntualizzare alcune cose. Giusto per chiarire alcuni aspetti (anche storici) e sfatare i tanti miti e pregiudizi che ruotano attorno al connubio MAFIA = SICILIA e che libri e cronache difficilmente analizzano nel giusto modo per motivi che non starò qui a scrivere ma che è facile intuire. E lo volevo fare per due semplici motivi: il primo è figlio della mia passione spropositata verso tutto ciò che riguarda la mia terra, sia nel bene che nel male e quindi la vasta lettura di libri e saggi che trattano l’argomento e scritti da persone che hanno vissuto in prima persona il periodo nero siciliano. Il secondo è figlio dei lunghi racconti e aneddoti che nell’arco del tempo che ho lavorato nel mio negozio, mi son giunti da un cliente di cui mi onoro di avere la sua amicizia (e grande simpatia). Il suddetto cliente non è un uomo qualunque, ma per evitare problematiche di altro genere, evito di scrivere il nome e soprattutto di specificare il suo ruolo (sarebbe poi troppo facile risalire a chi è). L’unica cosa che posso dire è che ha lavorato in polizia e proprio in primissima linea contro la mafia. E’ entrato in servizio nel 1969, all’indomani della strage di Viale Lazio ed è andato in pensione a fine luglio del 1992, all’indomani della strage di via D’Amelio (Anche se ha collaborato pure in successive inchieste). Ha conosciuto tutti i nomi ormai storici della lotta contro la mafia e ovviamente, in primis, ha collaborato con i tanto citati Falcone e Borsellino (gli ho sempre chiesto se potevo scrivergli la sua biografia, piena di orrori e lutti ma non ne ha voluto mai sapere) . Comunque, dopo questo incipit, scrivo la mia. Che può essere pure piena di piccoli errori fatti a causa della montagna di dati che esiste sull’argomento, sul fatto che la mia memoria è quella che è di natura e a causa pure del fatto che sono in villeggiatura e dati, libri e appunti, non li ho sottomano.

Cominciamo dal fatto che la mafia non è un fatto intrinseco e culturale che alberga nell’animo di ogni siciliano dalla notte dei tempi. Per due semplici motivi: il primo è che non è, per l’appunto, in tutti i siciliani (come se fosse una caratteristica dell’Homo Siculus) ma solo in una minoranza e il secondo è perché la mafia non esiste da sempre. Magari nei libri e in televisione (così come nei giornali) non lo dicono tanto spesso (anzi, mai) ma la mafia è nata in concomitanza con l’unità d’Italia, perché è stata l’unità che l’ha creata. Prima, non esisteva la mafia e né tantomeno l’uomo baffuto con la lupara, coppola e altri “costumi” impressi nella mente comune mondiale del siciliano “tipo”. L’origine del problema è figlio dei disordini e dell’instabilità avutasi in Sicilia dal 1860 in poi. Con l’avvento dei Mille, levando tutte le storielle romantiche che tanto ci hanno propinato fin da scuola, in Sicilia si era creato un sistema eversivo nei confronti dei ricchi baroni possidenti dei terreni e che lasciavano ben poco ai contadini che li curavano. Quest’ultimi, per non perdere i loro privilegi (come ben insegna Tomasi Lampedusa nel suo “Il Gattopardo”) cambiarono facilmente pelle e si adattarono al nuovo sistema politico che, ovviamente, era quello indotto prima dallo stesso Garibaldi (dittatore unico in Sicilia per un anno) e poi dal governo piemontese. Così, i poveri siciliani, nel brevissimo tempo (parliamo ancora di quando Garibaldi e i suoi “Mille” avanzavano nell’isola) si ritrovarono nuovamente succubi degli stessi padroni di prima. Insomma, una rivoluzione che non avvenne. E, parliamoci chiaro, un nuovo (l’ennesimo) invasore nell’isola. E subito avvennero le sollevazioni popolari contro i nuovi invasori e gli stessi nobili. Sollevazioni spente nel sangue e nella violenza più inaudita che, stranamente, nessun libro racconta. La strage di Bronte, i deportati nelle carceri piemontesi e in alcuni campi di concentramento, gli ori rubati, la ribellione di Palermo poi bombardata dal mare, gli stupri di massa e altre oscenità del genere (oltretutto vissute non solo dai siciliani ma, da chi è informato può confermare, anche dai calabresi, campani, lucani, pugliesi e abruzzesi). Interi paesi con la popolazione cancellata e vessazioni quotidiane. La nascita del brigantaggio (così chiamato perché erano uomini e donne contro il nuovo potere instaurato forzatamente, ma la storia è così: se perdi sei un brigante, se vinci un partigiano) e quindi i costanti attacchi a quel potere che si era insediato e che non era altro quello stesso potere pre-esistente. Ma a questo punto vi chiederete: e la mafia? Ci arrivo subito.

I baroni, per proteggersi dalle sortite dei “briganti” in quella situazione di caos, dove le forze di polizia erano ancora scarne (quanto potevano intervenire dei poveri carabinieri piemontesi mandati in una terra sconosciuta, dove parlavano un dialetto sconosciuto e abitato, ovviamente, da gente sconosciuta?), per mettere in sicurezza la loro vita, i loro beni e, in caso di trasporto, le proprie merci, cominciarono a utilizzare la delinquenza spicciola, armandola, che potesse essere più sbrigativa nell’intervenire e meno impaurita dall’ovvia violenza dettata dalla fame. E qui nasce la figura di ‘sti tizi, il maffioso (nel dialetto originario con due effe) che significa in italiano: protettore. Perché per l’appunto proteggeva, con la violenza, l’interesse del ricco. E subito si crea quel potere che tutti oggi, quando ne sentono le notizia in tivù, ascoltano sorpresi: il ricco che usa il braccio armato per proteggere i suoi interessi. Ma, in ogni caso, non finisce certo qua. Fin da subito nasce il “clan” familiare e il motivo è molto semplice. Il vecchio “maffioso”, per non perdere i propri privilegi e la propria vita per pochi spiccioli in più, faceva in modo che fosse sempre affiancato nel suo lavoro da un familiare (fratello, cugino, figlio, zio, nipote), insomma un nucleo chiuso, affidabile, che per il legame di sangue (molto sentito, questo si, in Sicilia – magari anche oggi) non avrebbe mai tradito. Quindi immaginatevi già la scena: nobile ricco protetto da nuclei familiari armati. Ma il potere chiama potere e spesso, la violenza, imprime la sua legge allo stesso potere. In quesa fase (e parliamo di un trentennio circa) di lotta interna siciliana, si deve creare la nuova classe dirigente. Ma come gestire una simile polveriera (considerando i tempi e le armi, basta fare un parallelo in piccolo con la “gestione” americana dell’Afghanistan) non conoscendo il territorio? E qua nasce il primo contratto STATO – MAFIA della storia: dare ai nobili e ai loro “maffiosi” tutti gli incarichi decisionali dell’isola. Cambiare per non cambiare, come la vedevano i ricchi. Approfittarne con le minacce e la violenza per come la vedevano i mafiosi. Una scalata favorita dalla situazione e dal compiacimento del governo centrale che non voleva certo disordini nel neonato regno. E quei poveri contadini, “briganti” e poveracci, nuovamente costretti a sopportare l’invasore.

In questo modo nasce la mafia. Non erano i Beati Paoli, non è nata con gli spagnoli, né con gli arabi e Archimede non era un boss ellenico siracusano. Tutto molto semplice. Un sistema criminale, nel caso siciliano basato sulla famiglia , che un governo debole decide di utilizzare per tenere a bada con la violenza un popolo che aveva subito angherie durante “l’unificazione” e che non voleva far parte di un regno di cui non si sentiva far parte. E per chi è interessato continui pure a leggere perché magari conoscerà chicche a lui sconosciute. Una su tutte, lo stesso discorso di Garibaldi in parlamento che se ne esce dicendo che se avesse saputo prima cosa avrebbero subito i siciliani, non avrebbe rifatto quel che aveva appena fatto (e oggi tanto decantato e ricordato).

Ma andiamo avanti nello sfatare i luoghi comuni. Il sud, e con esso la Sicilia, non era povero, non eravamo morti di fame e non stavamo con le pezze al cul… oops… pardon: sedere. Una nuova classe imprenditoriale si stava formando tra le macerie di una guerra, ma tutte le decisioni del regno erano sempre a favore degli industriali del nord (basta vedere i finanziamenti infrastrutturali di quegli anni o leggi “ad personam” dell’epoca: i Florio palermitani, che avevano una flotta superiore a quella dell’intero regno, costretti a mettersi con i Rubattino –mi pare- genovesi per formare la nuova flotta di trasporti interni e che sarà poi, incredibilmente, gestita solo dai Rubattino – alias la futura Tirrenia). E poi una costante politica pro-settentrionale che puniva il meridione facendolo impoverire sempre più. Economicamente e culturalmente. La frittata è fatta. E’ sempre più la delinquenza a farne da padrona. Ma ancora, lo stadio della mafia, poveracci, non è avanzato … siamo ancora nel periodo della Mafia agricola. Quella che nelle grandi città, influiva poco o nulla. Il salto di qualità arriverà con i casini della seconda guerra mondiale.

Molti ancora non ne sono informati (anche se recentemente ci hanno fatto pure una fiction dalle dubbie qualità) ma tra le cose che Mussolini, stranamente, si era impuntato di risolvere, c’era proprio il fenomeno mafioso. E mandò, qui a Palermo, il prefetto Mori (o Moro, lo faccio a plurare). Prefetto che, grazie alle leggi fasciste, cominciò a trattare i mafiosi con la loro stessa moneta: la violenza e il sangue. Un esempio su tutti: l’assedio di Gangi (nelle Madonie) che provocò decine di morti e centinaia di arresti. Una caccia al mafioso come mai viste sino ad allora e che mai più rivedremo fino agli anni ottanta del ‘900. E qui nasce quella “strana” e nuova classe dirigente che voleva staccarsi da quell’Italia fascista anti mafiosa.

L’indipendentismo di quegli anni non è altro che questo. Covato nel ventennio e messo in bella evidenza nei primissimi anni del ’40. Ma durante la guerra non si poteva cogliere un occasione ancora più ghiotta? Perché non appoggiare un eventuale invasione degli Alleati che potesse subito liberare la Sicilia dalle grinfie di Mussolini? Ed ecco il famoso accordo tra Lucky Luciano (allora in carcere) e il governo Americano per semplificare le procedura di invasione e di probabile invisione da parte della popolazione locale (ci hanno provato gli americani pure con l’Afghanistan, prima per cacciare i russi e poi metterci le loro truppe, solo che là le tribù sono un po’ meno gestibili e un po’ più numerose della ventina di mandamenti in tutta la Sicilia e di conseguenza l’hanno pensata diversamente). Invasione effettuata e tutto torna com’era prima. A guerra finita, si deve sistemare quella palla al piede del movimento indipendentista: quindi asciugarsi il leader armato (Salvatore Giuliano) utilizzando i suoi stessi mezzi e levarsi di torno il leader politico (Ugo La Malfa, se non erro) con il contentino dello statuto speciale. Cambiare, per l’appunto, per non cambiare. Dare alla Sicilia la sensazione di cambiare per rimanere sempre nello stesso status quo che più aggrada ai potenti di turno. Ma, ovviamente, non finisce qui il danno post bellico. Data la sua ottima parte, il governo americano rilascia Lucky Luciano (che infatti vivrà e morirà, libero a Napoli). Quest’ultimo, memore delle sue origini, decide di tornare in Sicilia e una bella notte del 1958 all’Hotel delle Palme di Palermo incontra i capi mandamento dell’isola (la parte occidentale) e i loro sgherri. Tra questi capi, vi è uno che da poco si era liberato del suo predecessore (Michele Navarra) ed era accompagnato da due giovanotti in erba ma moooolto promettenti. Il trio delle “meraviglie” era composto da Luciano Liggio (il capo), Salvatore Riina (detto Totò) e Bernardo Provenzano (detto Binnu). In quest’incontro il caro Luciano “spiega” come far diventare una mafia ancora debole perché agricola, una mafia forte perché urbana, più vicina al potere. Per evitare nuovamente un caso simile al “Prefetto di ferro” fascista. Tutte esperienze che Lucky Luciano aveva fatto in america. Ed è proprio da quella notte che si passa alla fase 2 del fenomeno mafioso: la Mafia Urbana. Il caro Lucky morirà 4 anni dopo in quel di Napoli e, giustamente, per tutti i guai che ha combinato al di là e al di qua dell’oceano, il New York Times lo ricorderà vita natural durante come uno dei 20 uomini più influenti del XXI secolo. Allegria!

E si entra nella fase dell’orrore vero e proprio siciliano. Fin dalla fine del 1958, quindi subito, comincia la distruzione di Palermo Liberty per far posto alla speculazione edilizia (Il famoso Sacco – e proprio il 1958 è l’anno della villa Deliella minata per distruggerla in una notte perché l’indomani scattava il blocco dei beni culturali). Ma, ovviamente non bastava. Tra le dritte che il Boss siculo-americano aveva passato ai “Viddani” siciliani c’erano pure Gioco, Pizzo a tappeto e Prostituzione. Ma nel primo caso era vietato dal governo italiano e per quanto riguarda gli altri due non faceva parte dell’etica mafiosa (sul pizzo poi ritornerò). In compenso oltre la speculazione edilizia c’era una altro settore fruttifero: la droga. Per recuperare economicamente i blocchi etici, l’accelerazione sulla polverina bianca è da formula uno. A tal punto che in Sicilia si raffinava ed eravamo diventati la base logistica e produttiva dell’intero sud europa. Un fiume di coca. Roba tipo Scarface di De Palma, per intenderci.

Ma in tutta questa allegria, dove il denaro portava sempre più corruzione e sempre più politici dalle dubbie qualità morali a sedere in parlamento, arriva la nota stonata. La tremenda nota stonata. C’è un gruppo di mafiosi che più di tutti hanno capito la lezione di Luciano, tra le tante che fece quella notte: con la guerra si prende il potere. I “Corleonesi” si buttano così sull’aspetto violento della mafia. Niente accordi. Volere tutto e subito. All’inizio sono molto scaltri. Si fanno amici metà delle famiglie palermitane e loro stessi faranno da braccio armato per distruggere la metà in disaccordo della “discesa dei viddani”. Scoppia così la prima guerra di mafia. Dalla strage di viale Lazio del 1969 fino alla metà dei ’70. Ma quest’accordo, la metà delle famiglie palermitane rimaste al potere, lo pagarono caro: dal 1980 in poi scoppia la seconda guerra di mafia. Il terrore vero e puro: bisogna distruggere ciò che rimaneva dei vecchi apparati mafiosi cittadini per impadronirsi pienamente di Palermo e, quindi, della Sicilia (con ulteriori omicidi sparsi ovunque e mai ricordati). Uno sterminio. Più di 1000 morti l’anno (roba da 3 morti al giorni, in media) solo qui nel capoluogo. Chi aveva paura scappava. Chi non poteva, parlava. E giù altre morti (basta fare la lista dei parenti che hanno ucciso al pentito Mannoia). E ancora, le forze politiche e giudiziarie che lottavano. Le forze dell’ordine. I giornalisti. I semplici passanti. Chi insultava dopo un incidente la persona sbagliata. Chi semplicemente aveva visto cose che non doveva vedere. Chi non doveva rapinare. Chi non poteva neanche pensare a qualche ragazza. Insomma… la Mattanza. Una lunga sequela di omicidi per i più vari e svariati motivi che si trascina per un decennio. Terrore di tutto. Di passeggiare. Di criticare. Di vivere. E sempre loro a capo. Sempre loro i più forti e violenti. I “Corleonesi”. Per finanziare questo potere e queste guerre, però, hanno bisogno di soldi. Sempre più soldi. E il cittadino non deve contribuire? E giù, nei primi anni ’80, il pizzo a tappeto. Tutti devono pagare la “protezione”. Indistintamente. E i politici? Se sono messi là è grazie a loro. Al loro controllo capillare del territorio e quindi ai pacchetti corposi di voti che procurano. Alla loro violenza. Alla loro capacità di persuasione peggio di Don Vito Corleone del Padrino. Quella classe dirigente era legata a doppio filo alla mafia. Era essa stessa, mafia (se così possiamo chiamarla ancora). Ma, ecco, il problema che si viene a creare. La Sicilia ha dato i natali ai più sanguinari mafiosi ma allo stesso tempo ha dato i natali pure alla schiera di uomini e donne che hanno lottato contro di essa senza mai scendere a compromessi. Niente sfumature di grigio. O nero o bianco. Questa è la Sicilia. E tutti questi Uomini (e il maiuscolo non è casuale) cominciano a creare quelle crepe che tutto si aspettavano tranne di subire i boss corleonesi. Una lunga sequenza di arresti, sequestri e condanne. Ma ognuna di queste è pagate a caro prezzo. Quasi tutti i “buoni” cadono nell’adempimento del loro dovere. E diventano poveri martiri. O eroi di uno stato che non li VOLEVA proteggere. Perché quello stesso stato è costruito, nel suo controllo del meridione, sul rifornire libero potere alle criminalità organizzate locali. Del resto non può essere un caso che siamo (o siamo stati) tra le potenze industriali di questo pianeta e siamo allo stesso tempo l’unico stato che all’interno dei propri confini ha tali differenze economiche, sociali e politiche tra due vaste aree quali quella settentrionale e meridionale.

Uno stato costruito sulla corruzione, sui favoritismi, sulle minacce, sulla falsità di una ricchezza creata stampando denaro (e svalutandolo di mille volte nello stesso arco di tempo – 40 anni – in cui gli altri stati europei nella nostra stessa posizione non hanno avuto tali svalutazioni), su un continuo insabbiamento di ciò che stonava o di ciò che semplicemente si ribellava. Uno stato, nella sostanza, debole. Nato male e che ha sempre vivacchiato peggio di com’è nato. E in questo marasma, i Corleonesi, che ormai si sentivano padroni della Sicilia, avevano capito, a loro modo, che questa era l’Italia. Un governo ricattabile e che ti aiuta, se non addirittura ti spinge, a eliminare chi ricatta o chi, semplicemente, vuole scoprire la verità. E giù con le stragi clamorose per far capire veramente chi comanda: Falcone, Borsellino, Georgofili, Roma, Milano … e loro, gli stessi mafiosi, dovevano punire la classe dirigente che non li seppe proteggere dopo il Maxi Processo. Quindi fine della Democrazia Cristina. Fine di una “Repubblica”. Nuova classe dirigente. Ancora la legge del forte tramutata nuovamente in grandezza: cambiare per non cambiare. Ma eliminare chi poteva intaccare questo processo di mutazione. Ma così come i mafiosi non volevano più la DC e la prima repubblica, egual prezzo avrebbero dovuto pagare loro: via i Corleonesi. E in soli 10 anni viene incredibilmente smantellato tutto l’apparato “militare” e delirante che essi rappresentavano. Venduti, tramite una cascata mai vista di pentimenti e rivelazioni. Un ennesimo accordo per mantenere lo status-quo. Non è inseguendo il “papello” o ex dirigenti del sisde che si arriverà alla verità.

E oggi? Oggi è tornata una certa “tranquillità” pre-corleonese (qualche omicidio ma senza urlare, internos, senza disturbare) e allo stesso tempo una cosa chiamata “internet” ben più pericolosa: un informazione libera che dà forza ai ragazzi pure a ribellarsi. Ad avere nuove concezioni su come crescere in questa terra martoriata. E nuovi esempi da seguire e su cui far fede.

Tanto più che già l’indomani del 23 maggio 1992, vedendo come uccisero Falcone, capimmo, noi siciliani, che non c’erano due forze contrapposte a darsi battaglia tra le nostre strade, ma un unico morbo con pochi pazzi che l’affrontavano a viso scoperto. Lo capimmo subito perché tra i palermitani girava una sola frase dopo “l’Attentatuni” : questa non è solo cosa di mafiosi.

Sette semplici parole che racchiudevano anni di processi che non porteranno a nulla perché verranno denigrati, insabbiati, controllati, invisi e chi più ne ha né metta. Ma che racchiudono l’idea semplice che la mafia è il nostro sistema politico. Tutto. E non solo una cosa siciliana o ereditaria della Sicilia. Perché mafia, per tornare alle origini, era protettore. Era un sistema familiare con una sua etica e una sua morale (ovviamente non condivisibili). Quella che vediamo oggi in Italia è solo un sistema criminale diffuso che a suo modo, non differenzia da tanti sistemi criminali organizzati che oggi potremmo trovare in India così come 2000 anni fa nel senato romano. La mafia non ha trasformato l’Italia. Si è semplicemente fatta assorbire dal Sistema sbagliato a priori che è sempre stata questa sciagurata nazione.

Fine del tema e scusate i parecchi errori grammaticali… :-P

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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun ago 26, 2013 12:16 pm 
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Son quelle voglie di scrivere che si hanno solo alle 3 di notte , ti capisco :D
Comunque ottimo intervento (come sempre) anche se hai chiesto uno sforzo sovrumano alla mia pigrizia :D Hai fatto bene a sottolineare il fattore storico del fenomeno mafioso perché serve a capirne le dinamiche successive! Purtroppo i media tendono a mitizzare/enfatizzare l'argomento un po' per distogliere l'attenzione dal connubio con la politica (dietrologia?) , un po' per esigenza di audience!
Solita storia: bisogna trarre delle conclusioni solo dopo aver attinto a diverse fonti (meglio se attendibili) . Tu poi ne hai avute anche in carne ed ossa per cui... :wink:

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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: lun ago 26, 2013 4:31 pm 
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bellissimo post, lord ;)
aggiungerei che non so in sicilia, ma in campania i briganti, nati come capopopolo in reazione alle prepotenze del nord, poi hanno finito per confluire nel fenomeno camorristico.

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MessaggioInviato: lun ago 26, 2013 11:51 pm 
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@sBARBATO: più che le 3 di notte, è roba iniziata a scrivere alle 2.00 ... :-P
Comunque si ... la televisione fa vedere ciòche vuole, e volente o nolente essa è sotto il controllo del governo (per quanto riguarda quella pubblica). Poi nessuno mi leva dalla testa che il Sistema Italia si basa su una forma di sub-colonialismo del sud... ma sono discorsi di tale complessità che ci vuole un topic apposito e si andrebbe troppo off-topic

@the imp: beh ... purtroppo non posso mettere bocca su avvenimenti avvenuti fuori dalla Sicilia durante l'unità. Più per ignoranza che per altro. L'unico libro che ho letto sull'argomento è "Terroni" di Pino Aprile. Ottimo testo ma scritto più da un infervorato meridionalista (e lo capisco e condivido) che un attento costruttore e divulgatore di dati, documenti e fatti storici. E' uno di quei classici testi scritti più col cuore che con la mente e se fosse un po' più estremo, potrebbe fare da base per animare gli spiriti secessionisti (tramite ovvìa grande diffusione).
Tutto questo per dire che ciò che hai ricordato, lui lo cita. Pure con nomi e cognomi. Ma, per l'appunto,una citazione non è un esposizione completa del fatto. Inoltre, da quel che ho letto un po' in giro, a contrario della mafia, la camorra è cinquecentesca (cito testualmente la presentazione del libro "Storia della camorra" di Vittorio Paliotti: "I riti, le vicende, i protagonisti di una setta che da cinque secoli impone tangenti ai napoletani. Gesta, delitti e amori di capintesta, guappi, mammasantissima e giovanotti onorati") quindi era un sistema criminale già più radicato, rispetto alla neonata "cosa nostra". Quindi non conosco ancora bene le dinamiche di quel periodo nella zona campana. In quella siciliana la conosco a menadito per aver letto "Storia della mafia" di Giuseppe Carlo Marino; "Breve storia della mafia" di Santi Correnti; e un intervento a un convegno "Dinamiche della mafia prima e dopo l'unità d'Italia" di Rocco Chinnici che, procuratore a Palermo, esordì al convegno smentendolo già dal "Titolo" (cito testualmente "“…Prima di occuparci della mafia del periodo che va dall’unificazione del Regno d’Italia alla prima guerra mondiale e all’avvento del fascismo, dobbiamo brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia").
Pertanto non saprei come si schierarono i Briganti qui in Sicilia. Anche perché è bene fare un ulteriore precisazione: Il brigantaggio è stato un episodio marginale, qui in Sicilia, rispetto al resto del Sud Italia. Nel putiferio post sbarco dei mille, non vi è stata una vera e propria "guerriglia partigiana" ma piuttosto vere e proprie sollevazioni popolari soffocate nel sangue e nella violenza che trovarono la loro fine nelle prese di forza dell'esercito savoiardo, dei neonati maffiosi e, mai citati, degli inglesi che graziosamente bombardavano dal mare le città costiere che si ribellavano (ebbene si. Gli inglesi appoggiarono l'Unità e proprio loro fecero sbarcare Garibaldi a Marsala, dato che facevano un fuoco di protezione contro le rimostranze borboniche).

Insomma, io sono fermamente convinto che finché questa pseudo-nazione non farà i conti con il proprio passato (ma realmente, non certo la favoletta per i bambini dei mille soldatini che concquistano un regno con la gente festante del loro passaggio), difficilmente potrà virare verso lidi migliori. Perché guardarsi dentro significa comprendere i meccanismi che hanno portato a un tale stato di debolezza economica, culturale, sociale e politica che pervade l'Italia tutta, da nord a sud. E comprendendo, si può rimediare veramente alla radice delle varie problematiche. Fino ad allora sarò pessimista e la vedrò sempre più nera sotto molteplici punti di vista.

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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: mar ago 27, 2013 12:13 am 
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Non ho letto tutto....cmq mi pare ormai evidente che la tanto decantata "età Risorgimentale" con tanto di canzoni su Garibaldi e la bellezza del regno dei Savoia, fosse una gran palla. L'Unità avvenne con massacri e comportamento non poi tanto diverso dalla repressione coloniale britannica.
Almeno su questo sarebbe doveroso far luce, senza riempire tutto di futile patriottismo.

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 Oggetto del messaggio: Re: Stato/mafia (è Stato la mafia)
MessaggioInviato: mar ago 27, 2013 12:16 am 
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Già ... già ... detto in parole diverse ma uguale sostanza al mio post.

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