C'è da dire una cosa: gli autori di fumetti sono
GLI UNICI a non accettare critiche e rosicare a prescindere. I dischi, i film, i romanzi, vengono massacrati (anche ingiustamente) dalla mattina alla sera, da mestieranti del settore o pivelli di passaggio, eppure i loro autori
non si ritengono intoccabili a prescindere e sopportano il peso dell'esposizione delle proprie opere.
Gli autori di fumetti invece
sono degli eterni ipocriti ed immaturi, non aperti al confronto critico perché perpetuamente a galla nella loro bolla di sapone peter-panica, perché credono che ogni fruitore del loro operato
SIA ESSENZIALMENTE UN FAN, che gli deve essere fedele e riconoscente, per quel fumetto che a convenienza
ora spacciano per semplice intrattenimento superficiale (onde coprire le magagne)
ora nobilissima arte da Guggenheim per gasarsi nelle retrospettive incensanti su
Repubblica.
Insomma, per loro il consumatore deve essere un nerd fidelizzato da tenere a cuccia, tanto ci si vuole bene tra compari.
Non entro poi nel discorso sull'uso dei media, social, forum, blog, ed altre autoprojezioni di interrelazione farlocca di certi autori presi da smanie di onnicomprensivismo e multi-visibilità, perché siete già abbastanza OT per conto vostro e non si finirebbe più...
Però a riguardo di questo:
Lord Blendings ha scritto:
Una volta un professore di psicologia raccontava proprio questo: il mito dei perfetti Falcone e Borsellino, mai messi in discussione per le loro scelte professionali - che di fatto erano puri atti di eroismo - ma che anche loro avevano difetti e debolezze, quindi si sbaglia a traslare la medesima "perfezione" nel carattere di entrambi. Insomma, a Falcone poteva pure scappare un "vaffanculo" ingiusto a un povero ragazzo che aveva tardato 5 minuti a portare un caffè.
Questo è il tipico pericolo dell'idealizzare le proprie icone, senza poterle conoscere di persona (che non equivale alla ciarle su fb comunque). Basti vedere lo scandalo recente che ha riguardato
Montanelli ed il suo approccio col gentil sesso in Abissinia.
Io penso sinceramente che si dovrebbe esser più asettici e distanti nel giudizio sentenzioso sulla "persona" in sé quando non è possibile entrare nelle pieghe del suo quotidiano agire e pensare.
Bisogna accontentarsi di apprezzare (o disprezzare) il loro operato, in quanto contributo (per il)
pubblico, come artisti, giornalisti, attori, fumettisti, cantanti, ballerini, scrittori, etc. Le pieghe/piaghe della vita
privata sono un territorio irto e fosco di contraddizioni che lascerei volentieri a parenti e congiunti di queste persone, con cui condividono pagine di vita vissuta, e non stampata o diffusa in rete, dove primeggia invece il teatrino di forma distante dai retroscena reali.
Io mi limito al prodotto in sé, anche se il suo autore ha commesso cose poco lodevoli nella realtà concreta o la pensa agli antipodi rispetto al mio punto di vista. Per questo se mi piace una storia di Recchioni non ho nessuna difficoltà a riconoscerlo, per quanto lui come persona(-ggio) non mi sia congeniale, in base alle esternazioni che dilapida in giro. Poi vallasapé... magari dopo una cena a Torino scopro che il Chiave mi è profondamente antipatico e fa una vita da ameba con pensieri da stronzone (e per giunta juventino
), ma questo non mi toglierà mai la sicurezza di dire che
Il Bosco degli Assassini andrebbe fatto leggere al catechismo...