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#406 - L'ultima risata
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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: sab lug 11, 2020 1:39 pm 
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@Myskin

... mi sa che dovresti correggere un terzetto di citazioni nel tuo penultimo post, perché sembra che stai rispondendo a te stesso, mentre in realtà partivi da alcuni miei interventi. Non vorremmo meta-discorrere pure noi qui? :mrgreen:

[...]

A parte questo, non voglio tornare sul discorso della "candela", ma posso dirti che come lettore sono profondamente avverso alla policy (a lunghiiiiiiiiissimo termine) di Airoldi & co, e per il mio bieco interesse, sorbirmi anni di tentativi pasticciosi su carta snaturata in attesa del bramato settore video, non mi sembrano una trovata geniale, e le conseguenze le stanno già pagando.


Un sola cosa, in linea di massima:

Myskin ha scritto:
Secondo me ci sono degli elementi datati su cui i lettori, anche quelli più giovani, sono disposti a chiudere un occhio più che su altri. Se un lettore di vent'anni leggesse gli albi storici di Dylan Dog oggi (naturalmente sarebbe una mosca rara, probabilmente nessun giovane legge più Dyd dagli anni '90...) non credo protesterebbe davvero perché in Jack lo Squartatore i cellulari sono assenti. Lo vedrebbe, credo, come un semplice riflesso dell'epoca in cui la storia è stata scritta. Però ho la sensazione che sarebbe più infastidito dalle storie successive, in cui i cellulari ci sono ma Dylan si rifiuta in tutti i modi di usarli.


Io la penso all'opposto.
Se un lettore è infastidito dalla caratterizzazione di un personaggio, farebbe meglio a scriverselo per conto suo. L'avversione di Dylan alla moderna tecnologia (per quanto non propriamente sclaviana) fa-ceva parte del suo modo di esser tratteggiato... anche se è vero che alcuni autori hanno esagerato e ne hanno fatto un pilastro delle manie dylaniate, fino alla nausea irritata di alcuni lettori. Ciò non impediva però a Dylan di muoversi in un mondo in cui, suo malgrado, esiste ANCHE Instagram, Amazon, le videocamere ovunque, le ricerche comode su Google, etc. Se poi lui lo rifiutava, per fare il romanticone nostalgico, erano razzi suoi :tc: .

Più difficile è il discorso opposto, nella rilettura delle vecchie storie... che andrebbero prese con le pinze perché il novello lettore ipotetico, non senza qualche difficoltà, si deve porre idealmente in un'era pre-digitale (diciamo ante-1995), e non irritarsi se il personaggio X non contatta al volo quello Y al cellulare evitando l'omicidio Z. Non si tratta di suspension of disbelief, si tratta proprio di contestualizzare in un altro setting storico. Non a caso ultimamente, specie nei romanzi gialli, si preferisce ambientare alcune storie nel secolo scorso, perché si possono evitare molti più cavilli/riserve nel corso di indagini e reati, dato che non esisteva ancora tutta la sovrastruttura digitale che potrebbe rendere oggi inverosimili alcuni passaggi.

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(anta baka?! [...] kimochi warui)


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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: sab lug 11, 2020 3:44 pm 
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ma non sanno anche per esperienza diretta... ad esempio nathan never è andato in crisi per le troppe uscite diversificate e alternative (Agenzia alfa , universo alfa , Legs weaver , gigante futuro doppio futuro ) che non si capiva più niente .

Dylan Dog sta andando sulla stessa strada...


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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: sab lug 11, 2020 4:43 pm 
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si ok, ma i primi giganti e i primi agenzia alfa con le storie lunghe sono notevoli.

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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: sab lug 11, 2020 7:48 pm 
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Iscritto il: gio ott 26, 2006 8:53 pm
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Finalmente una bella discussione. :)
Mi sembra che l'analisi di Myskin individui correttamente gli obiettivi di Recchioni e dell'editore.
Tuttavia, molti dei dubbi espressi da wolkoff sono anche i miei.
Comprendere le ragioni di certe scelte editoriali non significa necessariamente condividerle, né implica che quelle scelte siano poi in grado di raggiungere i loro obiettivi. E poi una scelta editoriale può essere opportuna nell'ottica del mercato, ma deleteria nell'ottica della qualità e/o della coerenza narrativa.

Il Dylan originario era un contenitore di storie autoconclusive che avevano Dylan come protagonista, ma che raramente vertevano SU Dylan. Nelle storie di Sclavi, lo sguardo di Dylan coincideva con lo sguardo del suo autore. Le storie di Recchioni (e già molte di quelle della Barbato) sono invece una specie di scontro metafumettistico fra lo sguardo dell'autore e quello di Dylan, con Dylan che da soggetto diventa oggetto delle vicende raccontate.
Sclavi aveva consapevolmente scelto di lasciare nella nebbia il passato di Dylan e i pochi episodi che lo raccontavano o sono stati reputati dall'autore una specie di errore (il numero 100) oppure sono stati un semplice pretesto per raccontare una bella storia, senza nessuna pretesa di approfondire la caratterizzazione di Dylan (es. "Finché morte non vi separi"), già ben definita fin dall'inizio.
L'espediente degli universi paralleli è stato utilizzato da Sclavi proprio come netta negazione della continuity e come giustificazione dell'autoconclusività di ciascun episodio (es. "Storia di Nessuno" o "L'ultimo uomo sulla terra").
Groucho era il lato surreale della serie: lui un passato non ce l'aveva proprio ed era l'unico personaggio autorizzato a sfondare la quarta parete.
Il ruolo degli altri personaggi (Bloch, Wells, Trelkovski, ecc.), ciascuno con la propria ben definita e immutabile caratterizzazione, era sostanzialmente quello di supportare Dylan nelle indagini.

Ora, da un punto di vista strettamente narrativo (e tralasciando la naturale evoluzione del linguaggio fumettistico, che sta toccando persino Tex), cosa con gli anni non funzionava più in questa cornice?
Tenuto conto che le storie di Dylan dovrebbero raccontare gli orrori del presente, forse l'unico "svecchiamento" necessario era consentire a Dylan e Groucho di utilizzare PC e smartphone.
Per il resto, una cornice leggera e sfumata come quella delineata da Sclavi avrebbe consentito anche oggi di scrivere ottime storie horror, thriller, grottesche e surreali... se solo ci fossero stati autori capaci di scriverle. Non a caso, anche nei tempi peggiori, gli autori più capaci (penso a Medda, ad Ambrosini o alla prima Barbato) non hanno mai smesso di scrivere episodi eccellenti.

Certo, Recchioni il tentativo di rinforzare il parco-sceneggiatori l'ha fatto e qualche nome grosso l'ha riportato a bordo (Sclavi, Ambrosini, domani Chiaverotti).
Tuttavia ha deciso di puntare molto di più sullo stravolgimento delle caratteristiche strutturali della serie, che a mio avviso andavano benissimo così com'erano.

Così le storie DI Dylan sono diventate storie SU Dylan e sui comprimari.
Il tema principale della serie sembra quasi coincidere con la riflessione metafumettistica sul modo di scrivere Dylan, con una sorta di perenne scontro fra Dylan e i suoi autori.
Il passato di Dylan è diventato lineare e fondamentale, i rapporti fra Dylan e i comprimari si evolvono in continuity, Groucho è stato "normalizzato" e forse ha anche lui un passato.
L'espediente degli universi paralleli, se prima giustificava l'anarchia narrativa e la mancanza di continuity, ora serve a giustificare la compresenza di due universi narrativi ben definiti (quello della serie regolare e quello dell'Oldboy).

Questi cambiamenti, già a mio avviso non necessari e pericolosi, si accompagnano alla difficile convivenza fra serie regolare e Oldboy.
Ciò che mi incuriosiva del Dylan 666 erano il nuovo look, le asperità caratteriali, il problema irrisolto con l'alcolismo, i divertenti siparietti con Gnaghi, l'assenza di Groucho e persino le incursioni oniriche nell'universo narrativo del vecchio Dylan.
Tutti elementi che sembrano spazzati via dalla conclusione del ciclo.
Il nuovo Dylan della regolare e il vecchio Dylan dell'Oldboy avrebbero potuto coesistere bene se fossero rimasti molto differenziati, anche e soprattutto a livello estetico.
Ora, invece, il lettore occasionale o non assiduo finirà senz'altro col confondersi.
E, quel che è peggio, gli sceneggiatori meno capaci potranno continuare a scrivere il loro solito Dylan anche sulla regolare.
Inoltre, per il curatore sarà sempre forte la tentazione di spostare da una serie all'altra gli episodi in preparazione, magari ritoccando qualche dialogo.


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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: sab lug 11, 2020 10:51 pm 
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Iscritto il: mar gen 15, 2013 11:42 am
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V.M. ha scritto:
Finalmente una bella discussione. :)
Mi sembra che l'analisi di Myskin individui correttamente gli obiettivi di Recchioni e dell'editore.
Tuttavia, molti dei dubbi espressi da wolkoff sono anche i miei.
Comprendere le ragioni di certe scelte editoriali non significa necessariamente condividerle, né implica che quelle scelte siano poi in grado di raggiungere i loro obiettivi. E poi una scelta editoriale può essere opportuna nell'ottica del mercato, ma deleteria nell'ottica della qualità e/o della coerenza narrativa.
....

Giusto per sgombrare il campo dagli equivoci, non è che io condivida le scelte di Recchioni; nemmeno però le boccio a priori, pur avendo una certa opinione sul Recchioni scrittore (non lusinghiera, ma nemmeno totalmente negativa - diciamo che lo ritengo un autore dalle capacità modeste). Quello che mi interessava era avanzare qualche ipotesi sulle ragioni di certe scelte editoriali, che per me è un argomento più interessante delle storie in sé.

Per il resto sono sostanzialmente d'accordo con la "fotografia" che hai fatto del Dylan Dog storico e credo sia opinione più o meno universalmente condivisa che il metafumetto ha stufato, ma credo che sia troppo semplicistico sostenere che sarebbe bastato far usare smartphone e computer a Groucho e Dylan per svecchiarli. Questi del cellulare e del laptop sono dettagli importanti (anche se ribadisco che era soprattutto la forzata tecnofobia di Dylan a suonare fasulla), ma restano dettagli. I peccati che pesano sul Dylan "originale", cioè quello sclaviano, secondo me sono altri.

Capisco che quello che sto per dire può suonare come una nota stonata in un forum di appassionati di Dyd, ma credo che Sclavi sia stato uno scrittore di grandi capacità che però è stato un po' sopravvalutato su quella che resta la sua creazione più nota. Non ho sempre avuto quest'opinione su di lui; sta di fatto che se oggi riprendo in mano diversi albi storici non posso non notare quanto male siano invecchiati. Gli elementi che funzionano ancora sono un certo brio nelle sceneggiature e le situazioni umoristiche (no, non mi riferisco a Groucho), in cui si nota la mano dello Sclavi di Agente Allen e Vita da Cani, ovvero lavori per il Giornalino meno considerati di Dyd ma secondo me mediamente di alto livello. Quello che assolutamente non funziona, oltre ai plagi (non ci torno sopra ma sono davvero molto ingombranti; in un'eventuale trasposizione sicuramente avrebbero rappresentato un problema), è un fastidiosissimo mix di pietismo e moralismo superficiale che fa capolino in praticamente tutte le storie, e talvolta ne è parte integrante. C'è sempre molto mestiere, per cui è raro che gli albi di Sclavi siano illeggibili (anche se a mio giudizio ce ne sono alcuni davvero pessimi a partire da Doktor Terror, segno - per quanto mi riguarda - che il gioco aveva cominciato a guastarsi ben prima di Gualdoni o Recchioni). Tuttavia, per me è impressionante rendermi conto a distanza di decenni di quanto spesso Sclavi indulgi nell'uso di cliché. C'è una visione - delle donne, dei portatori di handicap, della società - che è davvero, come dire... Piccolo-borghese? Solo che all'epoca hanno saputo venderla molto bene.

Paradossalmente - ma forse neanche tanto - trovo che siano invecchiati molto meglio certi volumi di Tex o di Mister No. Anche lì ci sono degli elementi datati, ma: A- Per qualche ragione è proprio il peso degli anni a conferire alle storie un certo fascino vintage, che sembra quasi dettato da una scelta consapevole e B-Sono lavori caratterizzati da una specie di piacere affabulatorio, spesso senza pretese autoriali, che risulta contagioso per il lettore. Al confronto, Sclavi sembra un creatore di b-movies per adolescenti che a un certo punto si è cominciato a prendere troppo sul serio. C'è anche da dire che non ho gli stessi problemi con personaggi vagamente dylandoghiani come Napoleone o Mercurio Loi. Ambrosini è molto più cerebrale di Sclavi, ma - forse proprio per questa ragione - non sbraca praticamente mai. I suoi fumetti sono sempre raffinatissimi e sofisticati.

Io credo che molti problemi del Dylan postsclaviano siano nati proprio dal tentativo irrisolto e incongruente di emanciparsi da Sclavi ma contemporaneamente cercare di emularne la scrittura. Forse anche le tirate metafumettistiche sono un sintomo di questo problema: quante storie, anche bruttissime, sono state scritte sul rapporto tra Dylan Dog e le donne che in qualche modo cercavano di venire a capo di contraddizioni introdotte in primis proprio da Sclavi? Per cui capisco anche le difficoltà di Recchioni nel porsi questo tipo di compito. Le sue scelte sono state giuste oppure sbagliate? Io ho la sensazione che più che altro fossero inevitabili. Non nel senso che fossero le uniche scelte possibili, tant'è che Recchioni stesso è a volte tornato sui suoi passi (sto pensando a quell'assurdità dello smartphone parlante, che chissà perché mi sembra proprio farina del sacco di Sclavi; forse perché pare un'idea concepita per Il Giornalino degli anni '80...). Credo che però una scossa analoga a quella inferta da Recchioni, e molte decisioni altrettanto radicali, sarebbero comunque arrivate, perché nel frattempo erano intervenute necessità di altra natura; compresa quella di assicurare la sopravvivenza futura della Bonelli, di cui ho parlato più sopra. Insomma, capisco - per esempio - perché Rania e Carpenter siano ora parte integrante dell'universo di Dyd. Saranno insulsi e si possono fare tutte le battute che si vogliono sulle tendenze politicamente corrette che sono la loro ragion d'essere, ma trovo veramente difficile pensare che si potesse fare a meno di loro, o di personaggi come loro. Chiaramente saremmo tutti più felici con un Dyd fortemente ambrosiniano ogni mese, ma mi chiedo quanto realistica potesse essere questa eventualità e soprattutto quanto sfruttabile fosse per i piani futuri della Bonelli.

Attenzione, perché c'è un problema fondamentale. C'è un'altra ragione per cui - in un eventuale progetto per un Dyd cinematografico o televisivo - sarà indispensabile rimettere mano alle dinamiche storiche del personaggio e renderle appetibili per il pubblico moderno. Ovvero: praticamente tutte le caratteristiche che contraddistinguono gli elementi soprannaturali del Dylan sclaviano - i mostri siamo noi, il male quotidiano, l'onirico, l'esistenza come fonte di dolore, l'uso del soprannaturale come allegoria per riferirsi a angosce esistenziali - e che tanto clamore hanno destato ai tempi d'oro del personaggio, in realtà sono vecchie come il cucco. E lo erano anche ai tempi di Sclavi. Si tratta di trovate che in letteratura, ma anche al cinema, erano già state utilizzate mille volte e spesso meglio. La vera novità negli anni '80 era stata quella di introdurre questi elementi nell'ambito - limitato e circostanziato - dei fumetti Bonelli. Però sono passati decenni, anche i fumetti non Bonelli si sono evoluti e il pubblico, magari internazionale, di un'eventuale serie di Dylan risulterà infinitamente più scafato di un adolescente italiano del 1986. Sarà insomma veramente difficile cercare di capire precisamente cosa di nuovo può dare un Dylan filmico, anche molto aderente a quello di Sclavi, quando alternative spesso estremamente valide non mancano.


Ultima modifica di Myskin il dom lug 12, 2020 11:03 am, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: dom lug 12, 2020 12:19 am 
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Quello che dici è (in parte) giusto... ma Dylan Dog non è SOLO Sclavi.
Questa è un'altra (meta?)ossessione di R.R. che rosica ancora adesso, per esempio, rispetto ai risultati di Chiaverotti, accusandolo di essersi fatto riscrivere i testi da Tiziano, mentre se lui sbandiera che Sclavi gli ha rivisto/approvato qualche bozza, la usa tipo stendardo di garanzia in pompa magna, per difendersi ipocritamente da qualsiasi critica :o

Sclavi è morto 20 anni fa per Dylan, per nascondersi nella sua stanzetta ed incassare le royalties. Ce ne siamo fatti (quasi) tutti una ragione. Tranne certi autori amleticamente mumbleggianti: indovina chi? Esistono validissimi e diversissimi Dylan della Barbato, di Ambrosini, di Medda, di Accatino, di Bilotta, di Chiaverotti, di Enna, che tutto fanne tranne imitare pedissequamente l'orientamento "piccolo borghese" [definizione tua, io me ne astengo :| ] di Sclavi o disseppellirne le meta-ragioni d'essere per un dilemma autoreferenziale da dibattere sulle pagine pubblicate.

Sul fatto che quelle specifiche scelte di Recchioni fossero inevitabili, questo è un mantra retorico che introduce una categoria di "necessità" che cozza pesantemente coi risultati, e che provano ad inculcarci con l'olio di ricino da anni coprendosi di ridicolo da soli. Consegna la direzione della testata ad uno (o più) degli autori citati sopra, e vedi che tipo di scelte imponevano per preservare le serie con qualche innovazione. Loro sì che avrebbero trovato risorse narrative od ambientali ben diverse, puntando alla qualità e non alla finta-difformità da imbonitore de bancarella, straccioneggando idee scopiazzate ed autosuggestioni nerdistiche in modalità fanfiction.

E se tennesci con una cosa del genere...
Cita:
Insomma... capisco perché Rania e Carpenter siano ora parte integrante dell'universo di Dyd... trovo veramente difficile pensare che si potesse fare a meno di loro


trovo veramente semplice far a meno di commentarla, dato che si commenta da sola, come gli autori di sopra scrollerebbero le spalle con un certo sdegno perplesso rispetto alla fiducia nelle loro ALTRE risorse... :roll:

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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
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wolkoff ha scritto:
Quello che dici è (in parte) giusto... ma Dylan Dog non è SOLO Sclavi.

Beh, insomma... Credo che Sclavi sia l'autore che quasi tutti i lettori di lunga data (cioè il 99% di quelli che leggono Dyd...) hanno in mente quando pensano a Dylan Dog. Se esiste un "canone" dylandoghiano, è indubbiamente il suo. Che poi in 34 anni di storie ci siano stati altri autori bravi (ci sono cose che per me la Barbato ha saputo fare meglio di Sclavi, almeno quando aveva ancora qualcosa da dire) è vero, ma nessuno ha avuto un ruolo nemmeno lontanamente paragonabile a quello di Sclavi come scrittore, o ri-scrittore delle storie.


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Chiaverotti si è fatto aggiustare cosa? No, non deve dirlo questo!
Chiaverotti sta avendo un grande successo con Morgan Lost ed ha fatto un ottimo lavoro con Brendon, è uno che sa scrivere e portare avanti una storia!
Le sue sono tra le storie più belle di Dylan Dog


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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
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Myskin ha scritto:
V.M. ha scritto:
Finalmente una bella discussione. :)
Mi sembra che l'analisi di Myskin individui correttamente gli obiettivi di Recchioni e dell'editore.
Tuttavia, molti dei dubbi espressi da wolkoff sono anche i miei.
Comprendere le ragioni di certe scelte editoriali non significa necessariamente condividerle, né implica che quelle scelte siano poi in grado di raggiungere i loro obiettivi. E poi una scelta editoriale può essere opportuna nell'ottica del mercato, ma deleteria nell'ottica della qualità e/o della coerenza narrativa.
....

Giusto per sgombrare il campo dagli equivoci, non è che io condivida le scelte di Recchioni; nemmeno però le boccio ha priori, pur avendo una certa opinione sul Recchioni scrittore (non lusinghiera, ma nemmeno totalmente negativa - diciamo che lo ritengo un autore dalle capacità modeste). Quello che mi interessava era avanzare qualche ipotesi sulle ragioni di certe scelte editoriali, che per me è un argomento più interessante delle storie in sé.

Per il resto sono sostanzialmente d'accordo con la "fotografia" che hai fatto del Dylan Dog storico e credo sia opinione più o meno universalmente condivisa che il metafumetto ha stufato, ma credo che sia troppo semplicistico sostenere che sarebbe bastato far usare smartphone e computer a Groucho e Dylan per svecchiarli. Questi del cellulare e del laptop sono dettagli importanti (anche se ribadisco che era soprattutto la forzata tecnofobia di Dylan a suonare fasulla), ma restano dettagli. I peccati che pesano sul Dylan "originale", cioè quello sclaviano, secondo me sono altri.

Capisco che quello che sto per dire può suonare come una nota stonata in un forum di appassionati di Dyd, ma credo che Sclavi sia stato uno scrittore di grandi capacità che però è stato un po' sopravvalutato su quella che resta la sua creazione più nota. Non ho sempre avuto quest'opinione su di lui; sta di fatto che se oggi riprendo in mano diversi albi storici non posso non notare quanto male siano invecchiati. Gli elementi che funzionano ancora sono un certo brio nelle sceneggiature e le situazioni umoristiche (no, non mi riferisco a Groucho), in cui si nota la mano dello Sclavi di Agente Allen e Vita da Cani, ovvero lavori per il Giornalino meno considerati di Dyd ma secondo me mediamente di alto livello. Quello che assolutamente non funziona, oltre ai plagi (non ci torno sopra ma sono davvero molto ingombranti; in un'eventuale trasposizione sicuramente avrebbero rappresentato un problema), è un fastidiosissimo mix di pietismo e moralismo superficiale che fa capolino in praticamente tutte le storie, e talvolta ne è parte integrante. C'è sempre molto mestiere, per cui è raro che gli albi di Sclavi siano illeggibili (anche se a mio giudizio ce ne sono alcuni davvero pessimi a partire da Doktor Terror, segno - per quanto mi riguarda - che il gioco aveva cominciato a guastarsi ben prima di Gualdoni o Recchioni). Tuttavia, per me è impressionante rendermi conto a distanza di decenni di quanto spesso Sclavi indulgi nell'uso di cliché. C'è una visione - delle donne, dei portatori di handicap, della società - che è davvero, come dire... Piccolo-borghese? Solo che all'epoca hanno saputo venderla molto bene.

Paradossalmente - ma forse neanche tanto - trovo che siano invecchiati molto meglio certi volumi di Tex o di Mister No. Anche lì ci sono degli elementi datati, ma: A- Per qualche ragione è proprio il peso degli anni a conferire alle storie un certo fascino vintage, che sembra quasi dettato da una scelta consapevole e B-Sono lavori caratterizzati da una specie di piacere affabulatorio, spesso senza pretese autoriali, che risulta contagioso per il lettore. Al confronto, Sclavi sembra un creatore di b-movies per adolescenti che a un certo punto si è cominciato a prendere troppo sul serio. C'è anche da dire che non ho gli stessi problemi con personaggi vagamente dylandoghiani come Napoleone o Mercurio Loi. Ambrosini è molto più cerebrale di Sclavi, ma - forse proprio per questa ragione - non sbraca praticamente mai. I suoi fumetti sono sempre raffinatissimi e sofisticati.

Io credo che molti problemi del Dylan postsclaviano siano nati proprio dal tentativo irrisolto e incongruente di emanciparsi da Sclavi ma contemporaneamente cercare di emularne la scrittura. Forse anche le tirate metafumettistiche sono un sintomo di questo problema: quante storie, anche bruttissime, sono state scritte sul rapporto tra Dylan Dog e le donne che in qualche modo cercavano di venire a capo di contraddizioni introdotte in primis proprio da Sclavi? Per cui capisco anche le difficoltà di Recchioni nel porsi questo tipo di compito. Le sue scelte sono state giuste oppure sbagliate? Io ho la sensazione che più che altro fossero inevitabili. Non nel senso che fossero le uniche scelte possibili, tant'è che Recchioni stesso è a volte tornato sui suoi passi (sto pensando a quell'assurdità dello smartphone parlante, che chissà perché mi sembra proprio farina del sacco di Sclavi; forse perché pare un'idea concepita per Il Giornalino degli anni '80...). Credo che però una scossa analoga a quella inferta da Recchioni, e molte decisioni altrettanto radicali, sarebbero comunque arrivate, perché nel frattempo erano intervenute necessità di altra natura; compresa quella di assicurare la sopravvivenza futura della Bonelli, di cui ho parlato più sopra. Insomma, capisco - per esempio - perché Rania e Carpenter siano ora parte integrante dell'universo di Dyd. Saranno insulsi e si possono fare tutte le battute che si vogliono sulle tendenze politicamente corrette che sono la loro ragion d'essere, ma trovo veramente difficile pensare che si potesse fare a meno di loro, o di personaggi come loro. Chiaramente saremmo tutti più felici con un Dyd fortemente ambrosiniano ogni mese, ma mi chiedo quanto realistica potesse essere questa eventualità e soprattutto quanto sfruttabile fosse per i piani futuri della Bonelli.

Attenzione, perché c'è un problema fondamentale. C'è un'altra ragione per cui - in un eventuale progetto per un Dyd cinematografico o televisivo - sarà indispensabile rimettere mano alle dinamiche storiche del personaggio e renderle appetibili per il pubblico moderno. Ovvero: praticamente tutte le caratteristiche che contraddistinguono gli elementi soprannaturali del Dylan sclaviano - i mostri siamo noi, il male quotidiano, l'onirico, l'esistenza come fonte di dolore, l'uso del soprannaturale come allegoria per riferirsi a angosce esistenziali - e che tanto clamore hanno destato ai tempi d'oro del personaggio, in realtà sono vecchie come il cucco. E lo erano anche ai tempi di Sclavi. Si tratta di trovate che in letteratura, ma anche al cinema, erano già state utilizzate mille volte e spesso meglio. La vera novità negli anni '80 era stata quella di introdurre questi elementi nell'ambito - limitato e circostanziato - dei fumetti Bonelli. Però sono passati decenni, anche i fumetti non Bonelli si sono evoluti e il pubblico, magari internazionale, di un'eventuale serie di Dylan risulterà infinitamente più scafato di un adolescente italiano del 1986. Sarà insomma veramente difficile cercare di capire precisamente cosa di nuovo può dare un Dylan filmico, anche molto aderente a quello di Sclavi, quando alternative spesso estremamente valide non mancano.



È un gran bel post.
Vorrei aggiungere un mio pensiero, che riaffiora sempre come un sospetto senza pretesa di verità: Sclavi non aveva idea di come raffigurare il passato di Dylan Dog, dopo averne fumosamente tratteggiate alcune linee principali.
Per questo resta terra di nessuno e Recchioni ha impiegato albi su albi nella ricostruzione, spesso sgradita a noi lettori.


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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: dom lug 12, 2020 11:03 am 
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bertuccia ha scritto:
È un gran bel post.
Vorrei aggiungere un mio pensiero, che riaffiora sempre come un sospetto senza pretesa di verità: Sclavi non aveva idea di come raffigurare il passato di Dylan Dog, dopo averne fumosamente tratteggiate alcune linee principali.
Per questo resta terra di nessuno e Recchioni ha impiegato albi su albi nella ricostruzione, spesso sgradita a noi lettori.

Grazie.
E sì, sul passato di Dylan è chiaramente come dici tu.
Probabilmente la scelta migliore sarebbe stata quella di aggiungere alcuni dettagli di tanto in tanto senza mai svelare nulla, un po' come nel piano originale di David Lynch per Twin Peaks, in cui aveva previsto di non rivelare mai l'assassino di Laura Palmer. Ma immagino fosse una scelta impensabile per la Bonelli, e forse anche per Sclavi.


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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
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L'efficacia del dinamico (e beffardo) approccio sclaviano stava anche nel NON conferire volontariamente un passato specifico a Dylan... per non dire che se ne fregava con gran gaudio. Non è che non ne avesse idea o non ne fosse capace. Anche quello costituiva l'alone di mistero e surrealtà fascinosa del protagonista. E quando lo stesso Sclavi ha messo pesantemente mano alla hi-storia di DD (v. #100) se n'è pentito nel giro di un battito d'ali di colibrì storpio.

Io, come altri, mi avvalgo di pensare che continuare ad accanirsi SUL protagonista invece che scrivere storie di degne di questo nome - TOH, sarebbe la priorità :roll: - significa aggirare il problema mettendo la polvere sotto lo zerbino e lanciando sabbia negli occhi dei lettori. Vi assicuro che al 90% dei lettori e SOPRATTUTTO degli autori (v. quelli citati sopra) non frega nulla dell'ossessione per il "canone" ad incastro; è solo un afterthought su cui si continua a ravanare quando si è a corto di idee per incapacità palese, o quando si vuole riesaminare ossessivamente il "caso" Dylan con tonnellate di meta-pipponi per risolvere i propri tarli conflittuali, ripiegando sulla fanfiction apocrifa da nerd, da inculcare come nuovo "canone" a colpi di cannonate di hype senza miccia.

Direi anche basta :? :x: :? :x: :? :x:

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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: dom lug 12, 2020 12:07 pm 
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Myskin ha scritto:
(...) se oggi riprendo in mano diversi albi storici non posso non notare quanto male siano invecchiati. (...) Quello che assolutamente non funziona, oltre ai plagi (non ci torno sopra ma sono davvero molto ingombranti; in un'eventuale trasposizione sicuramente avrebbero rappresentato un problema), è un fastidiosissimo mix di pietismo e moralismo superficiale che fa capolino in praticamente tutte le storie, e talvolta ne è parte integrante. C'è sempre molto mestiere, per cui è raro che gli albi di Sclavi siano illeggibili (anche se a mio giudizio ce ne sono alcuni davvero pessimi a partire da Doktor Terror, segno - per quanto mi riguarda - che il gioco aveva cominciato a guastarsi ben prima di Gualdoni o Recchioni). Tuttavia, per me è impressionante rendermi conto a distanza di decenni di quanto spesso Sclavi indulgi nell'uso di cliché. C'è una visione - delle donne, dei portatori di handicap, della società - che è davvero, come dire... Piccolo-borghese? Solo che all'epoca hanno saputo venderla molto bene.
(...) praticamente tutte le caratteristiche che contraddistinguono gli elementi soprannaturali del Dylan sclaviano - i mostri siamo noi, il male quotidiano, l'onirico, l'esistenza come fonte di dolore, l'uso del soprannaturale come allegoria per riferirsi a angosce esistenziali - e che tanto clamore hanno destato ai tempi d'oro del personaggio, in realtà sono vecchie come il cucco. E lo erano anche ai tempi di Sclavi. Si tratta di trovate che in letteratura, ma anche al cinema, erano già state utilizzate mille volte e spesso meglio.

Se anche fosse come dici, a mio avviso la "cornice" del Dylan originario era già sufficientemente elastica e vaga da consentire a qualunque autore di rimuovere gli aspetti invecchiati male.
Più a monte, senza necessità di modificare quella cornice, Recchioni e i suoi predecessori avrebbero sempre potuto decidere di accettare solo soggetti privi di quegli aspetti e più al passo coi tempi.
Mi chiedo, invece, in che misura le poche e per lo più esteriori modifiche introdotte dal ciclo 666 possano incidere su quegli aspetti.
La nuova cornice delineata dal curatore (che a conti fatti differisce dalla prima solo per l'introduzione della continuity e per qualche retcon sul passato di Dylan e sui suoi rapporti coi comprimari) di per sé non impedisce che dal mese prossimo un altro autore scriva una storia piena di pietismo, moralismo, cliché sclaviani, ecc.
Insomma, sul piano artistico/narrativo e su quello dello svecchiamento, trovo le scelte di Recchioni tutt'altro che opportune o necessarie.
Sul piano della ricerca di nuove fette di mercato, invece, condivido la tua analisi. Peraltro, se gli obiettivi mi sono chiari, non sono in grado di prevedere quanto le scelte fatte siano in grado di raggiungerli.


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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: dom lug 12, 2020 12:50 pm 
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V.M. ha scritto:
Se anche fosse come dici, a mio avviso la "cornice" del Dylan originario era già sufficientemente elastica e vaga da consentire a qualunque autore di rimuovere gli aspetti invecchiati male.
Più a monte, senza necessità di modificare quella cornice, Recchioni e i suoi predecessori avrebbero sempre potuto decidere di accettare solo soggetti privi di quegli aspetti e più al passo coi tempi.
Mi chiedo, invece, in che misura le poche e per lo più esteriori modifiche introdotte dal ciclo 666 possano incidere su quegli aspetti.
La nuova cornice delineata dal curatore (che a conti fatti differisce dalla prima solo per l'introduzione della continuity e per qualche retcon sul passato di Dylan e sui suoi rapporti coi comprimari) di per sé non impedisce che dal mese prossimo un altro autore scriva una storia piena di pietismo, moralismo, cliché sclaviani, ecc.
Insomma, sul piano artistico/narrativo e su quello dello svecchiamento, trovo le scelte di Recchioni tutt'altro che opportune o necessarie.
Sul piano della ricerca di nuove fette di mercato, invece, condivido la tua analisi. Peraltro, se gli obiettivi mi sono chiari, non sono in grado di prevedere quanto le scelte fatte siano in grado di raggiungerli.


Dyd 666 non rimuove veramente le zavorre del periodo sclaviano. Il delirio da suprematista bianco di Welles in uno dei numeri precedenti per me è una stupidaggine. Non perché modifica radicalmente il carattere di un comprimario storico (alla fine è una nuova continuity e per me Recchioni ha mani libere al riguardo), ma perché come ritratto del simpatizzante di estrema destra nasce già vecchio. E' un'accozzaglia di luoghi comuni che sembra concepita dallo Sclavi di Doktor Terror; nel 2020 sarebbe anche lecito aspettarsi qualcosa di più sofisticato nella rappresentazione dei nazionalismi striscianti che minacciano le democrazie occidentali. La sottigliezza non è tra le virtù di Recchioni (e secondo me nemmeno di Sclavi).
Quello che Recchioni ha fatto è stato introdurre degli elementi - personaggi di colore, personaggi femminili indipendenti - che in un'ipotetica versione cinematografica o televisiva di Dylan Dog (cioè in quello che ipotizzo essere l'obiettivo a lungo termine della Bonelli per garantirsi una sopravvivenza) risulterebbero del tutto indispensabili. E' una normalizzazione, certo, ma trovo impensabile che un universo come quello del Dylan storico - a tratti incredibilmente ginofobo - possa essere adattato così com'è per una serie TV, specie se di respiro internazionale. Il fatto che non siano personaggi particolarmente approfonditi in un certo senso è un problema secondario, perché il punto fondamentale era introdurli. Magari in futuro ci saranno degli sceneggiatori in grado di valorizzarli: ecco, ora che ci penso c'è abbastanza materiale per scrivere delle nuove untold stories per gli speciali (il fallito matrimonio di Rania e Dylan, per esempio). O magari, meglio ancora, ci riuscirà un ipotetico showrunner di una serie TV. Secondo me, in generale, lo stesso ipotetico showrunner dovrebbe avere zero timore reverenziale nei confronti di Sclavi, Recchioni e Chiaverotti; per far funzionare tutto dovrebbe prendere quello che gli serve dal fumetto, magari solo gli aspetti più riconoscibili e irrinunciabili, e poi operare una radicale ristrutturazione.

Io non credo che lo schema classico del Dylan originario sarebbe sopravvissuto se avessero voluto operare un rilancio davvero serio qualche anno fa. Siamo nel campo di ipotesi totalmente immaginarie, ovvio, e probabilmente i lettori avrebbero rifiutato storie troppo diverse da quelle a cui erano abituati. Tuttavia, credo il formato da un episodio autonomo al mese abbia dei limiti. Per esempio, è impossibile far vivere a Dylan delle storie d'amore davvero importanti o approfondite: tutto si deve risolvere nell'arco di 98 pagine. Forse avrebbero potuto proporre qualcosa di simile alle saghe storiche di Ken Parker, con lunghe avventure che si dipanano nell'arco di più albi e alla fine viene stabilito un nuovo status quo, oppure si ritorna a quello vecchio. Probabilmente con la meteora intendevano andare in questa direzione, ma è stato un tentativo poco riuscito (però forse, anche qui, l'importante era introdurre il concept).


Ultima modifica di Myskin il dom lug 12, 2020 3:41 pm, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: dom lug 12, 2020 1:58 pm 
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wolkoff ha scritto:
L'efficacia del dinamico (e beffardo) approccio sclaviano stava anche nel NON conferire volontariamente un passato specifico a Dylan... per non dire che se ne fregava con gran gaudio. Non è che non ne avesse idea o non ne fosse capace. Anche quello costituiva l'alone di mistero e surrealtà fascinosa del protagonista. E quando lo stesso Sclavi ha messo pesantemente mano alla hi-storia di DD (v. #100) se n'è pentito nel giro di un battito d'ali di colibrì storpio.

Io, come altri, mi avvalgo di pensare che continuare ad accanirsi SUL protagonista invece che scrivere storie di degne di questo nome - TOH, sarebbe la priorità :roll: - significa aggirare il problema mettendo la polvere sotto lo zerbino e lanciando sabbia negli occhi dei lettori. Vi assicuro che al 90% dei lettori e SOPRATTUTTO degli autori (v. quelli citati sopra) non frega nulla dell'ossessione per il "canone" ad incastro; è solo un afterthought su cui si continua a ravanare quando si è a corto di idee per incapacità palese, o quando si vuole riesaminare ossessivamente il "caso" Dylan con tonnellate di meta-pipponi per risolvere i propri tarli conflittuali, ripiegando sulla fanfiction apocrifa da nerd, da inculcare come nuovo "canone" a colpi di cannonate di hype senza miccia.

Direi anche basta :? :x: :? :x: :? :x:



Ma a me non dispiacciono le parti in cui si svela il passato di DD, se la cosa è limitata e se non si tirano fuori boiate imbarazzanti tipo "Sherlock Block". Le vicende come custode del cimitero hanno offerto un ottimo spunto per atmosfere creepyssime ed erano anche sufficientemente verosimiglianti.

Io proporrei come passo finale dell'elaborazione del lutto sclaviano, di prendere in considerazione l'ipotesi che Sclavi ne avesse le scatole piene della sua creatura, esaurita la voglia di scriverne, di occuparsene, l'abbia data in adozione, fregandosene dei risultati.
Come ulteriore passo prendiamo atto del fatto che non ha scritto solo capolavori, che alcuni di essi li abbiamo letti con gli occhi dell'amore, di un'età diversa, di una capacità di stupirci diversa, con la convinzione che fossimo dei trasgressivi inarrivabili a leggere un fumetto sanguinolento.
Per quanto siano solo gli ultimi 6 numeri ad essermi piaciuti, salvata in extremis dal colare a picco in un oceano di storie mediocri, voglio instillare il dubbio che il noi quindicenne o ventenne, avrebbe apprezzato molti più albi.


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 Oggetto del messaggio: Re: #406 - L'ultima risata
MessaggioInviato: dom lug 12, 2020 2:17 pm 
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Iscritto il: gio nov 05, 2015 5:07 pm
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"Come ulteriore passo prendiamo atto del fatto che non ha scritto solo capolavori, che alcuni di essi li abbiamo letti con gli occhi dell'amore, di un'età diversa, di una capacità di stupirci diversa, con la convinzione che fossimo dei trasgressivi inarrivabili a leggere un fumetto sanguinolento.
Per quanto siano solo gli ultimi 6 numeri ad essermi piaciuti, salvata in extremis dal colare a picco in un oceano di storie mediocri, voglio instillare il dubbio che il noi quindicenne o ventenne, avrebbe apprezzato molti più albi."


Scusami Bertuccia, senza polemica e con simpatia, ma non so quante millemila volte avrò sentito e letto sui social e affini questa forzatissima giustificazione salva disastri recchioniani... :wink: E siamo invecchiati male, e prima eravamo più giovani, e prima avevamo occhi incantati, e se fossimo stati più giovani avremmo apprezzato le" mirabili" storie di recchioni, e se avessimo avuto lo stesso spirito dell'epoca avremmo visto con altri occhi il ciclo "bretone recchioniano", e le storie dell'epoca a rileggere suonano diverse, se non mediocri, e sclavi non era poi tutta sta cima, e recchioni lo rivaluteremo in futuro, e se mio nonno aveva tre p...e era un flipper, etc etc. :3

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Il segno è sottoposto alla legge, le apparenze non sono che sottoposte alle regole del gioco.
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