Non ci sono più le mezze stagioni, come non sembra ci siano le mezze misure con questa storia a livello di gradimento sul sondaggio: o piace da pazzi o son pizze in faccia, capricciose dalla quinta stagione in poi.
Io che sono abbastanza pluri-stagionato da non credere tanto all’eterna illusione degli amori dylaniati (pace
Il cuore degli uomini che non ha scoperto nulla in merito) comunque ho apprezzato in linea di massima quest’ultimo lavoro della Barbato per una serie di ragioni su cui magari dopo mi dilungherò. Perciò mi sembra un tantino esagerata l’acredine di certi commenti, pur non trattandosi di un capolavoro. Alcuni difetti sono evidenti, altri passabili, ma in linea di massima – per quanto scopiazzato da chissàdove – lo spunto di partenza è divertente come dinamica e i disegni conciliano una buona lettura.
Alla fine
ho votato 7 .
Non è di certo da prendere come storia dallo spessore realistico/verosimile: è più un apologo che parte da una situazione simil-ludica (o semi-fantasy, v.
Ladyhawk) da cui Dylan si deve disincastrare (v.
Gli Abbandonati, Il Bianco e il Nero, Il Sangue della terra sempre
made in Paola) con un qualche stratagemma. Qui si aggiunge anche un certo carico di pathos sentimentaleggiante, che alla fine farà saltare qualsiasi stratagemma nell’amara impotenza di un sentimento impossibile. Ma quella è una stagione che spetta a tutti prima o poi…
SPOILER §§§ SPOILER §§§ SPOILER Cavenago molto essenziale e quasi staniano in copertina (anche se la meteora si confonde per una striscia di sangue), mentre
Nizzoli si cimenta in un buon lavoro, per quanto lontano dai vertici di
Napoleone - dev’essere una sindrome da Water-loo, pure Camagni rispetto ad una quindicina di anni fa ha tirato mezzo sciacquone involvendosi.
Meglio sotto la neve che sotto la pioggia, ottimi certi dettagli certosini e Londra in background, meno Dylan dal labbrone dallagnolesco quando sembra troppo ringiovanitosi a ventenne (pp. 9.iv; 46.iii; 73.vi). Incantevole Annabeth in certe sue espressioni, ma con me le rosse dipinte di efelidi giocano facile
.
[…]
Si comincia col solito raccordino ombelicale di continuity: non molto intrigante, svaluta ulteriormente il carisma di John Ghost, costretto alla combutta con Groucho per de-scapolizzare Dylan stile agenzia Marta Flavi. Il matrimonio salverà il mondo? Di sicuro le casse dei wedding planners sì, e forse Safarà per le bomboniere multidensionali. Il baffone nel frattempo mastica amarognolo un po’ omo-invidioso, anche se più che Troisi in terra inglese andava citato Wilde per tutte
le sue spassose massime contro l'istituzione nuziale
.
Per il resto la storia trae qualche giovamento dall’avvento della meteora, ma solo come starting point di cornice (
leggi: post-pretesto) degli stravolgimenti massima, non di certo di raccordo… il che mi fa pensare che con qualche accorgimento poteva esser pubblicata anche al di fuori di questo contesto o tempo addietro. In pratica il clima globbalo è impazzito (mavah!?), e di questo ce ne accorgiamo anche noi tutti i santi giorni con sbalzi stagionali senza tregua: tempo da spiaggia ad Aprile, giaccone a sciarpetta a metà Maggio, una settimana dopo calore tropicale, chicchi di grandine come arance in pieno Luglio, uova di Pasqua covate ad Agosto, etc.
La Barbato restringe queste alternanze snervanti nel giro di poche ore in una Londra già piagata dalle ansie e dalle barbarie pre-meteora con conseguenze mica da poco. Per fortuna non ci riserva una roba sull’andazzo dell’ignobile
Metereopatia (Mignacco, Maxi#10), ma gioca sul fatto di come gli umori della gggente possano dipendere anche dal clima; senza troppo realismo, come dicevo prima, perché in una situazione del genere e con cambi così repentini, invece di aspettare la meteora, l’80% dell’umanità si sarebbe sciolta ben volentieri nell’LCL affogandosi da sola pur di farla finita – questa la capiscono solo gli EVA-fan
.
Una cosa che mi ha stuzzicato è l’antica origine di certi meccanismi analogici qui ripresi da Paola. Proprio come si dice a pagina 61 la
circolazione degli umori – ossia dei flussi vitali corporei – secondo alcune teorie galeniche e di medicina medievale influisce pesantemente sulla bio-psiche del genere umano anche in base alle corrispondenze (e combinazioni) dei 4 umori base con i 4 elementi, le 4 stagioni, 4 stati della materia, etc.
Qui c’è uno schema:
Per cui alla sanguigna primavera euforica segue una rovente estate di collerica rabbia, che travasa in un mesto autunno di melanconica bile nera, per chiudere con uno spento inverno di oziosa flemma. Tutto qui nello stesso personaggio e in modo interattivo verso ciò/chi che lo circonda: questo mi è sicuramente piaciuto, specialmente nei refrain della prima metà dell’albo
.
L’altra cosa che mi ha stuzzicato risiede nelle mie memorie di retroplayer e riguarda un gioco della saga di Zelda (tale
Oracle of Seasons) dove per risolvere alcuni enigmi bisognava cambiare il contesto della schermata in base alle stagioni (per esempio bisognava far ghiacciare dei laghetti per attraversarli d’inverno, o far crescere di brutto una pianta a primavera per raggiungere in arrampicata un luogo prima inaccessibile
Adesso se la
Triforza mi accompagna – potrò farle pure io le meta-citazioni? Senza chiedere un €sborso maggiorato in seconda di copertina, tra l’altro – ritorno a parlare della storia in sé. La quale parte bene
in medias res sorniona creando interesse ed interrogativi per una situazione surreale che riusciamo a capire un po’ per volta. Bene anche l’umorismo di Groucho, per quanto i battibecchi d’umore collerico (da zitella) non siano il massimo: un po’ di ferie d’estate non farebbero male… anche a Carpenter, che dopo il solito siparietto (sur)riscaldato come quello di pagina 84, si candida come acclamata prima vittima del cambio di stagione finita quella della meteora
.
Si procede in modo abbastanza spigliato e con dialoghi in palla seguendo un Dylan smarrito in questo baillame fino alla cinquantina di pagine, quando (baci morsicosi a parte) la storia perde mordente perché bisogna che il Nostro cominci a capirci qualcosa. Quindi prima ascolta le spiegazioni di Annabeth alla finestra, poi quelle di Rania che vuota il sacco sulla situazione ufficiosa, e infine apprende le vicende passate di casa Diggle, tra madre e figlia schizo-disturbata dall’infanzia. Non ho capito se lo sketch sul “buonismo” sia una meta-frecciata contro le accuse rivolte allo stesso Dylan da noi lettori, mentre credo anche stavolta Shakespeare ci scappi tra le citazioni,
passando dal cinema. Ci sono falle logiche non da poco nel modo in cui Annabeth prova ad ajutare la madre – prima la molla da Dylan come un sacco di patate, poi se la riprende alla chetichella per rinchiuderla, nel frattempo rompe un vetro aggratise, quando poteva benissimo entrare in casa perché d’inverno aveva ancora qualche neurone a posto – ma da una picchiatella così è lecito non aspettarsi cose prettamente razionali. Anche la madre che sbava delirante pure d’inverno senza rinsavire (p.71) in fondo è un controsenso se è completamente ammattita per
Davvero, o no Paoletta? Il suo estremo gesto conclusivo è comunque giustificato e razionalmente ponderato, dall’amore, in senso inclusivo/materno.
Hyppolita dovrebbe imparare
.
Non condanno il fatalismo sentimentale di alcuni discorsi di Dylan che spesso c’azzeccano, anche per creare pathos in una lovestory convulsa… ma in alcuni casi costui eccede nelle mielose perifrasi da emo Baraldiano peggiocheadolescente (v. insostenibile scambio della stufa con perle tipo “
Basta! Voglio vederti, parlarti, e baciarti…” p.67) mentre noi vorremmo baciare le parole e visioni di un Dylan affettivamente più asciutto come quello di
Medda e
Chiaverotti. Ma forse anche noi siamo innamorati di una foto/immagine… quella del Dylan di oltre vent’anni fa, e non c’è Dorian Gray che tenga.
Ancora peggio, quasi una ripresa involontariamente farsesca di “
50 sfumature di grigio-topa”, quando Dylan (p.87) si presenta con una corda-guinzaglio sadofetish dicendo “
Lasciami essere il tuo guardiano … permettimi di prenderti cura di te”, senza contare la serie di minchiate dette una pagina dopo per cui Paola meriterebbe d’essere di
bondage appesa in sala mensa mentre gli altri colleghi guardano al cineforum
Giovannona Coscialunga, La polizia si incazza (
senza Carpenter, please) e
L’esorciccio. Vabbeh, a parte queste cose sul finire lo spessore tragico acquisisce un tono e una dignità maggiore, perché ci viene fatto capire come anche in amore la cattività sia una cattiva scelta rispetto all’inevitabile natura di ciascuno. Meglio morire pazzi e malati piuttosto che ingabbiati in un rapporto insano o follemente senza speranza. E forse la più grande manifestazione d’amore sta proprio nel permettere all’amato/a di scegliere liberamente come vivere, anche quando il massimo esercizio di questa facoltà consiste nell’attendere l’estremo gesto d’amore di chi ci libererà dal fardello della vita.
UN ALOHA PER TUTTE LE STAGIONI