Ennesimo semi-fiasco made in Baraldi, che non posa il fiaschetto del suo solito vinello da fondo barile, poco novello in sé
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Ho votato 5 e non meno, in parte per i disegni (di cui parlerò altrove per mancanza di spaziotempo), in parte perché a differenza della
Contu almeno ha qualcosa da dire (pur balbettando e pasticciandoci sopra, in modo bulimico, per accumulo), mentre la storia del numero precedente consisteva di una povertà ignobile, tra pseudo-trama vaporosa, assenza di eventi, e cause-effetti privi di logica nel loro snocciolamento in progress narrativo.
Quindi perlomeno qui non ho sbadigliato nel corso della lettura, socio-pipponcelli a parte, e non nascondo che la prima metà da psico-thriller (su gombloddo paranoico) mi aveva lasciato quasi sperare a livello di sceneggiatura, se non fosse che il resto…
S ╬ P ╬ O ╬ I ╬ L╬ E ╬ R ╬… vada a parare verso il pastrocchio di sopra, accatastando spunti scopiazzati qua e là con la pretesa di renderli attuali per sensibilizzare verso il socio-politically correct de noartri sciarpati del XXI secolo, nel modo più dozzinale e didascalico che si possa immaginare. Una tantum, giusto per lanciare il “messaggio” da sermoncino che tanto elevato e pregnante pare
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Come dicevo si comincia col pazzo visionario sotto assedio (mentale & armato) dotato di una “visuale” particolare privilegiata – tipo terzo occhio, presente
I Mostri di Sullivan o
L'Uccisore di Mostri? - che può anche ricordare vagamente il leit motif del gombloddo impercettibile ai più, sulla base de
I Vampiri, ma è solo un’infarinatura di primo sputo.
E si comincia benino, se non fosse che trovo abbastanza insopportabile Dylan che si muove come un predicatore per evitare la strage, e poi come sempre si falla la logica di quanto avviene… dal momento che il flashback in radio
risalente a -18ore prima (pp.12-15) fa chiaramente sembrare la telefonata in onda di Wayne come
SE FOSSE LA PRIMA – Sheri non a caso è piuttosto spiazzata e non ancora preoccupata dallo stalking mitomaniaco - mentre poco dopo lei stessa (p. 18.i) uscendo da casa di Dylan dirà che Wayne
da diverso tempo appesta la radio con le sue sparate paranoiche.
Poi viene lui davvero sparato, a morte, e qui finisce di fatto la tensione, con una buona parte della storia che navigherà a vista nel pantano delle schermagliucole da infatuazione Dylan-Sheri, occupando più pagine del lecito,
in sbrodolanda facie. Tutto per cosa? Per empatizzare con gli scatti isterici dell’ennesima Dylangirlsedicentecomplessa(ta) del mese?
Nel mezzo di questa sit-com in rosa non si poteva scappare il ritratto da sciroppata idiota della donna-tuttacasa-chiesa-figli stile spot anni ‘50 (per vendere lavatrici?) che si vanta di aver rinunciato alle sue ambizioni lavorative per accasarsi col riccastro di turno, onde implicitamente puntare il dito contro chi si sente realizzato così (anche solo per convenienza) e non demonizza il proprio orologio biologico. Insomma, femminismo da
Cioè per boomer, o poco oltre, applicato al mantra di
Chiara Francini (feat. monologo Sanremo 2023) mentre il comiziante Salvini di turno inneggia alla famiglia tradizionale pro-Albione, togliendo fondi alla kultura(ben?)pensante. Dire patetico è poco
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Le risposte Dylan le trova invece nei suoi incubi telefonati, prima con la dritta della “città bianca” (p.32, senza cui la storia si bloccherebbe, in pratica) e poi col confronto col suo doppio allo specchia con nuova capigliatura (pp.35-36), che serve forse solo a dare valore implicito alla copertina
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Quando purtroppo cominciano le indagini, la storia comincia a perdere pezzi fino a perdersi nell’improbabile rattoppatura cialtronizzante: Dylan entra a sbafo in casa (spalancata) di Wayne e razzola dovejepare con strizzata d’occhio al modernariato vintage, mentre
Sherlock-Sheri riesce addirittura ad intuire da una pagina di Wikipedia (
p. 51.i
) come la vittima di Wayne fosse un tecnico esterno alla radio e quindi conseguentemente portatore(in)sano di movente (
), senza contare che lei stessa con un ari-sopralluogo abusivo in casa di Wayne (p.82) capirà al volo in quale neuroclinica ignota all’orbe sia stato internato di peso Dylan, post colluttazione con gli sbirri.
Da questo punto in poi, si perde anche quel poco di mordente visto finora: la parte con Dylan nell’istituto mentale è lenta e prolissa, oltre che iper-ripetitiva nello stravisto. Andare a ripassarsi cose come
Necropolis, please, per capire come sviluppare con efficacia certi setting claustro-detentivi partendo da uno spunto in comune. Lamenti, urla e poi mazzate… con un ambiente iper-squadrato e rigorosamente asettico, su cui poi
Furnò affaccia un albero contorto da fiaba di Dalì che c’azzecca come il cacio sui panettoni. Senza contare il solito armadio di colore bonaccione che salverà il nostro, ma standosene ostinatamente zitto per tutto il tempo, con sorriso ebete... salvo poi agitarsi da facondo spiegonista ufficiale solo da p.92 in avanti
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Ridicola tutta la sequenza action della fuga sincronizzata ad hoc, a partire dalla premessa iper-necessaria degli abiti lasciati sparsi in giardino (p.75) … così… perché inscatolare non rientra nei compiti degli infermieri, e perché per proseguire occorre un ritorno alla mise originaria…
Nella quindicina di pagine conclusive (da p.84 in poi) si può evincere
tutta la scarsezza della struttura dello screenplay, con un’impennata improvvisa ed affrettata di accadimenti, tra discorsi liofilizzati alla meno peggio in uno spazio risicato, sottraendo appeal a quel poco di buono che si era intavolato in precedenza, verso il pasticcionzo bulimico di cui parlavo sopra, tracimando nel mix puerile di sottogeneri, se non offensivo verso il lettore. Quando hai tanto da dire e non sai da dove cominciare e come finirla... questi sono i risultati, confusionari e cialtronizzanti.
La banda dei nostri si infiltra con nonchalanza presso la White City, si fa largo tra le security con inseguimenti da
Scooby Doo per finire magicamente nel laboratorio dei mad-doctoroni tecnocrati di turno… e guardacaso proprio allora sopraggiungono Frederick e gli altri “illuminati” visionari duri&puri (che almeno potevano dare una dritta a Dylan PRIMA su dove andare) … per arrivare di grazia allo spiegoncino che svelerà (‘nzomma) gli altarini: il colpevole è un’antenna-ripetitore – ah, che nostalgia per
Macchie Solari o
Il Progetto – che offusca le menti dei deboli ed annebbia la vista di chi gli è immune, i lottatori che si ribellano contro “loro”, contro i cospiratori senza volto del conformismo subliminale, gli addetti alla manovalanza pro-antenna 6G. E dire che con la recente liquidazione di
John Ghost speravo di aver superato questa fase dello smart-nemico della società individuabile in qualcosa tra le frequenze telefoniche, ma tant’è...
Non è molto chiaro poi QUANDO i “ribelli” abbiano potuto provare a sfondare la teca dell’immondo obbrobrio incubante, con tanto di motoseghe e lanciafiamme (p.95) … nell’idiozia invereconda del non comprendere – come fa invece Groucho in un nanosecondo, col meta-escomatage paraculo last minute della custodia esplosiva – che bisognava accanirsi contro la sola antenna, se col mostrazzo non c’era verso
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Morale della favolozza socialmente utile? L’analogico ci salverà preservando le voci del dissenso che sanno ancora porsi domande scomode, tra i sogni non digitali. Tipo: vale la pena continuare ad atteggiarsi da hipster di risulta, o torno a fare la mantenuta nella ditta di papino?
Essoppproblemi...