Negli anni post-sclavi abbiamo visto principalmente due anime distinte: quella del Dylan di Gualdoni, bacchettone, serioso, moralista e musone, e quella del Dylan di Recchioni, sbruffone, sempre con la battuta tagliente in bocca, col sorrisino sprezzante e con l'impellenza di avere sempre l'ultima parola.
Penso che nessuna delle due rispecchi il personaggio creato da Tiziano, o meglio che entrambe estremizzino delle caratteristiche che sono sì nel personaggio, ma mai così esplicite, predominanti o fuori contesto.
Purtroppo, la verità è che il motivo per cui dylan è stato così amato da così tante persone è che Sclavi ha creato un personaggio talmente autoriale e legato a sè stesso da essere unico e irreplicabile.
Tranne che in verità alcuni autori (pochi), molto dotati, sono riusciti a coglierne tutte le caratteristiche alla perfezione. Purtroppo o scrivono poco o non scrivono più sulla testata.
La scelta -dichiarata più volte in redazione- per il post Sclavi è stata quella di scegliere un parco autori molto grande, ognuno che rispecchiasse un lato del dylan di Sclavi. Per quanto mi riguarda è stata una scelta pessima.
Bisognava concentrarsi su quei pochi autori in grado di comprendere e quindi restituire su carta la poetica di sclavi (e nel caso, cercarne di nuovi: esistono).
Invece così facendo ci si ritrova che, a seconda della visione del direttore dei lavori di turno, abbiamo alcune caratteristiche esaltate ed estremizzate (la guasconeria in questo caso) ed altre bypassate (l'umanità, l'empatia, l'umiltà e l'intelligenza di saper stare zitto quando serve).
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