Michele Medda ne parla così:
<i>Greystorm va orgogliosamente controcorrente. Non solo non attinge all?immaginario televisivo e cinematografico predominante, ma nemmeno a quello letterario. Per intenderci, scrittori come Lansdale, Cormac McCarthy e altri considerati cool sono molto lontani dal gusto e dalla sensibilità di Antonio.
Michael Crichton potrebbe essere il riferimento ideale, ma Greystorm va controcorrente, appunto, e guarda ancora più indietro, a quello che di Crichton è stato il modello. Cioè l?archetipo romanzesco verniano/wellsiano e le sue varie declinazioni (compresa quella, passatemi il termine, ?feuilletonistica?).
Detto ciò, se pensate di leggere un fumetto derivativo, prevedibile e ultracodificato vi sbagliate di grosso. Rispetto al modello bonelliano che prevede l?eroe (l?eroe?eroe, cioè un buono) sempre al centro dell?azione, Greystorm propone alcune novità. Prima di tutto il fatto che è corretto definire Robert Greystorm un protagonista, ma sarebbe decisamente improprio definirlo un eroe.
In secondo luogo, Greystorm sfodera (almeno nei primi tre episodi che ho letto) una compattezza grafica impressionante, e qui c?è un?altra novità non da poco. Greystorm è la prima mini?serie bonelliana co?firmata da sceneggiatore e disegnatore; quest?ultimo è Gianmauro Cozzi. è Cozzi ad avere sintetizzato la monumentale ricerca iconografica dello scrittore elaborando per la saga personaggi, costumi e macchine; con una particolare attenzione per queste ultime, tutte basate ? puntualizzano orgogliosamente gli autori ? su progetti effettivamente realizzati, quantomeno a livello di prototipo.
Infine: Greystorm non ha l?ambizione un po? snob di certe rivisitazioni ?colte? dei classici (come la succitata Lega di Alan Moore). Greystorm è un fumetto popolare genuinamente e orgogliosamente user friendly, leggero e leggibile.
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Temo un po' l'ombra lunga di Gregory Hunter.
Le premesse ideologiche sono molto simili.
A.
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