Ho ripreso, dopo parecchio tempo, la lettura di questa ottima "doppietta". Ieri sera mi sono gustato Ananga, oggi, nei momenti liberi, sarà il turno de "L'Urlo".
E, ancora una volta, come nella maggior parte degli albi di un'epoca passata, sono stato deliziato da qualcosa che oggi sulla testata manca.
La voglia di raccontare qualcosa. La fantasia.
Non è tanto il fatto che qui ci sia Sclavi: in tempi remoti una storia di Dylan Dog narrava comunque qualcosa. E poteva piacere o non piacere, ma un minimo di fantasia era di certo indispensabile.
Purtroppo, negli ultimi tempi, sembra che mi diverta a fare il tiro al bersaglio con certe nuove storie, ma in realtà non mi diverto affatto.
Sfortunatamente non può mai mancare da parte mia un paragone tra ciò che pubblicavano "prima" e ciò che pubblicano "ora".
Perché una buona storia è una buona storia. Tutto quel che uno va cercando.
La volontà di rimettere in campo quel minimo di fantasia, di varietà, di capacità narrativa, evitando di affossare un albo concentrandosi sulle fisime di un protagonista che sembra aver perso totalmente la bussola.
I lettori storici non sono mai invecchiati, se non per qualche ruga in più e magari qualche capello in meno.
Hanno ancora in mente quali fossero le "buone storie", perché sono cresciuti leggendole.
Dylan Dog è invecchiato, e ci ammonisce, roteando il suo bastone da passeggio e succhiandosi la dentiera, che siamo tutti demodé.
Noi, lettori-dinosauri, e lui, matusa rimbambito a cui hanno fatto una plastica per farlo passare per ragazzino, e che stanno conservando sotto formaldeide, per evitare che faccia i vermi.
Lo so, non ho detto praticamente niente di Ananga, ma poco male: magari dopo aver finito (di nuovo) L'Urlo Del Giaguaro, spenderò qualche parola.
Forse. Ma non è detto. Tanto queste storie le conosciamo a memoria, e commento più, commento meno...
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