Da torinese, non sorprende e anzi pare quasi doverosa la fascinazione di Chiaverotti per l'antico Egitto, che verrà poi ribadita nell'iconografia di New Heliopolis.
Il primo (e ultimo?) incontro di Dylan Dog con una delle icone dell'horror ha i suoi punti di forza proprio nell'incontro/scontro tra tempi e mondi distantissimi, ognuno con le sue icone e i suoi sacrifici -non a caso, dopo l'incipit (splendido), la sequenza del primo omicidio si fa ricordare non solo e non tanto per la sua brutalità, quanto per l'umorismo nerissimo dell'autore, che usa la pubblicità come contrappunto verbale alle sevizie del killer. E una volta tanto non ho obiezioni neppure sul controfinale, che ha il buon gusto di non contraddire quanto è venuto prima -con un bonus per quella che è plausibilmente l'ultima vignetta più splatter mai apparsa sulla serie.
Fattori che, insieme ai disegni di Dall'Agnol, me la fanno preferire ad albi come "La Regina delle Tenebre" o "Delirium", anche se alcune cose mi piacciono meno (il Dylan provolone mi risulta piuttosto stucchevole), e sebbene restino diversi punti oscuri (a proposito di oscurità: se è vero, come dice Groucho aprendo la porta, che la luce è stata staccata, come fa il campanello ad urlare?): posso sorvolare, in omaggio alle convenzioni del genere, sull'estrema impraticità del travestimento killeristico di
ma è un po' più problematico ricostruire le sue azioni.
In primis, non è chiaro
In secondo luogo, c'è un problema con i tempi: ci viene detto che la strage dura da quindici mesi, e che in quel periodo ci sono stati otto omicidi, ma