Prosegue il declino qualitativo degli Speciali, cominciato tre anni prima con "I vivi e i morti" (o, in altre parole, con l'abbandono di Sclavi e Chiaverotti -anche lui corresponsabile, peraltro, visto che "Il Monastero" porta la sua firma), con un'avventur(in)a inclinata sul versante fantasy e dalla decisa coloritura animalista/ambientalista -anche se fortunatamente non si scivola nel nostalgico-reazionario: il mondo del passato potrà anche essere vagamente più "puro", ma in fin dei conti si rivela non meno spietato e sanguinoso di quello presente.
Strano che uno sceneggiatore già uscito dalla serie sia stato richiamato appositamente per uno Speciale (come accadrà anni dopo per Gonano), al punto da farmi venire il sospetto che si trattasse di una storia destinata alla regolare (o a un Dylandogone) rinchiusa nei cassetti di via Buonarroti per la sua debolezza, e resuscitata in tutta fretta come tappabuchi, imbottendola quel tanto che bastava per arrivare alla lunghezza standard. Forse lo Speciale previsto per quell'anno non era stato completato in tempo -d'altro canto, viste le uscite degli anni successivi, se la spiegazione è questa direi che il tempo in più non è stato utilizzato poi benissimo...
La mia impressione, al contrario di altri, non è che manchi qualcosa, ma anzi che ci sia qualcosa di troppo: nello specifico, parlo della lunghissima scena della caccia alla volpe, che introduce personaggi mai visti prima e che non vedremo più, e con i quali, a parte Baldwin, Dylan non ha alcun rapporto, dunque sostanzialmente inutile dal punto di vista narrativo (c'erano decine di altri modi, molto più brevi, per far giungere Dylan e Ishar al ponte).
Manfredi come al solito fa sgobbare parecchio Dylan (lo manda in trasferta, lo mette in sella a un cavallo, lo spedisce in un altro (spazio)tempo, e per finire lo piazza su una zattera in mezzo alle rapide), e regala a Groucho almeno una battuta azzeccata (e nerissima: "I cassonetti si usano per i neonati"), ma i suoi cattivi sono fin troppo caricaturali -va bene che i cacciatori di frodo non sono esattamente la genia più simpatica del mondo (eppure uno come Manfredi avrebbe dovuto ricordarsi almeno "Geordie" di De André...), ma che Will cerchi di uccidere una persona che è stata ferita accidentalmente lo fa passare direttamente dalla categoria "antipatico" a quella "sociopatico". E, come spesso gli è accaduto, e a dispetto della lunghezza, anche stavolta il finale è affrettato, con una leggera ma fastidiosa punta di didascalismo.