Capolavoro di Sclavi. Taglio artistico, letterario, epico. Neve che cade all'inizio, che copre con una coltre soffice e gelida, lo squallore di un tradimento, di una finta amicizia, di un morte banale. E' la coltre che copre tutte le debolezze, le miserie umane, in un mantello di candida tristezza e nostalgia. E la malinconia esistenziale dettataci da Sclavi stesso, il mostro che gli artigliava lo stomaco, e che facciamo nostro, senza possibilità di fuga. E' nel tempo gelido e triste dell'inverno che il vero mostro, il male di vivere, viene alla luce. Nessuno è noi tutti, riflesso in uno specchio deforme. E' la tragedia di una vita banale, senza speranza ed amore, che nella mente e nel sogno trova la sola, piccola, insignificante possibilità di riscatto e redenzione. E' la frase di Nessuno alla morte del padre ( "perché rammento solo quello schiaffo che mi hai dato ? " ) che al contempo dolce e mera tragedia. E' sangue e morte feroce, cannibalistica, come se cibandosi del corpo di qualcun altro, se ne potesse disperatamente catturare anche l'animo. E' l'universo creato da un Nessuno, i tanti universi a dir il vero, in cui si è sempre perdenti, poiché ciò che resta è l'animo umano che non può cambiare. Conta poco sapere se il finale sia del nostro universo, o in uno dei tanti immaginati da Nessuno. Non conta perché nessun universo, ci dice Sclavi, è reale più dei sentimenti stessi, della solitudine e della disperazione. Nessuno si lega al tetro sogno di Morgana, chiusa in una bara, ma è ancor più cupo, ancor più vacuo e senza speranza. Perché è l'orrore del quotidiano, delle parole non dette, dell'emarginazione di un vita inutile che diventa, sublime paradosso, onnipotente dopo la non morte. Ma ancor peggio di quella di Morgana, sfugge da ogni speranza, ogni vendetta, ogni redenzione. Non esiste il miraggio di un amore nascosto, di una verità da scoprire. Esiste solo il profondo abisso dell'animo. Stano ci offre un capolavoro grafico tenue, immerso in un chiaro scuro perfettamente onirico, sfumato da contorni che emergono da una realtà paradossale. E' il galeone sotto Londra, arca biblica nel quale transitano i sogni e le speranze ed i ricordi di Dylan, è il corpo di Nessuno che si scioglie nell'acqua come si sciolgono i sogni. E' la frase più bella, terribile, sintetica che sia mai stata scritta su un Dylan Dog: " La morte dev'esser così...stare per l'eternità in una stanza vuota..." Finezza assoluta ? In realtà ve n'era più di una. Personalmente quella dello schiaffo rimediato da Nessuno dal padre a pagina 46 è graficamente un tesoro assoluto: il padre appare di spalle, ed è chiaramente Dylan Dog. Messaggio freudiano del padre che colpisce il figlio, che è anche padre di se stesso, è Dylan che generato da Nessuno si ribella alla figura paterna, come Giove al padre mostro Crono o l'Edipo nascosto in Dylan che arriva a percuotere la proiezione futura della normalità quotidiana, rappresentata da Nessuno stesso ? Le braccia che escono dal bianco etereo e vaco del tutto, stringono Dylan in una carnale e feroce rappresentazione della complessità del banale inserita in un orrore disperato. E' l'impotenza di noi tutti di fronte al destino, al sogno di Nessuno. La sequenza scarna, secca quasi di una morte "normale" ( quella di Nessuno a pagina 43/44 ) è allucinatoria, assolutamente terrorizzante nel suo essere vera e per questo, perfettamente inseribile nella irrealtà di un fumetto horror.
E' Sclavi, sommo e perfetto, allo stato puro. Era Dylan Dog, di certo. Il più onirico, intenso, struggente, malinconico... Forse il migliore fumetto auto conclusivo di sempre.
_________________ " Il locale è triste e sta sempre qua ! "
" Dylan Dog è arrivato allo scontrino fiscale "
Oriana Fallaci ti amo.
Ultima modifica di dogamy il ven apr 26, 2013 10:21 pm, modificato 1 volta in totale.
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